mercoledì 22 marzo 2017

Cohen - Origini dei Sacerdoti del Vecchio Testamento

tr. Nannai

from: MG Thomas; K Skorecki ad; H Ben-Amid; T Parfitt - Origins_of_Old_Testament_priests - Nature 1998

Secondo la tradizione giudea (ebrea), seguendo l'Esodo dall'Egitto, ai maschi della tribù di Levi, di cui Mosè era un membro, furono designati delle speciali responsabilità religiose, e i discendenti maschi di Aronne, suo fratello, furono scelti per servire come Sacerdoti (Cohanim).
Nella misura in cui l'eredità patrilineare è stata seguita sin da qualche tempo intorno al periodo del Tempio ( all'incirca 3.000-2000 anni prima di oggi) il cromosoma Y degli attuali Cohanim e Leviti si mostra essere non solo distinguibile da quelli degli altri ebrei, ma - data la dispersione del sacerdozio dopo la distruzione del Tempio - essi derivano da un antenato comune non più recente del periodo del Tempio. Qui mostriamo che sebbene I cromosomi Y dei Leviti siano diversi, I cromosomi Cohen sono omogenei. Tracciamo l'origine dei cromosomi Cohen fino a circa 3000 anni prima di oggi, fino all'inizio durante il periodo del Tempio.
Abbiamo caratterizzato una specifica variazione del cromosoma Y in sei microsatelliti (ripetizioni di brevi sequenze nucleotidiche) e sei polimorfismi in unico evento (UEPs)in un campione di 306 maschi ebrei.  Provenienti da Israele, Canada, e Regno Unito. Abbiamo trovato 112 aplotipi combinati (vedi informazioni aggiuntive). 




Nonostante l'ampia diversità tra gli israeliti, un singolo aplotipo (il Cohen modal aplotipo) è sorprendentemente frequente sia nei Cohanim Ashkenaziti che Sefarditi (Tabella 1 e informazioni supplementari).
A causa dell'instabilità del microsatellite, è utile definire un cluster (gruppo) modale di cromosomi correlati come l'aplotipo modale e tutti I suoi vicini con una sola mutazione nei loci di microsatellite, che tutti condividono gli stessi marcatori UEP. Nei Cohanim aschenaziti e sefarditi, l'aplotipo modale (gruppo) presenta frequenze di 0.449 (0.694) e 0.561 (0614) rispettivamente. Per comparazione, tra gli ashkenaziti e I sefarditi di Israele le frequenze sono di 0.132 (0.147) e 0.098 (0.138), rispettivamente. I Leviti , a differenza dei Cohanim, hanno un numero significativo di Y cromosomi in tre diversi gruppi definiti UEP (Tabella 1), che indica che I cromosomi leviti hanno origini eterogenee. I leviti contemporanei, pertanto, non sono diretti discendenti patrilineari di un gruppo tribale paternalmente correlati. L'identificazione della frequenza del di UEP dei cromosomi del gruppo B, e dei Leviti Ashkenazi in particolare l'aplotipo modale (informazioni supplementari), in altre popolazioni può aiutare a scoprire le origini dell'eterogeneità dei Leviti.
Per sistemi a singolo locus, altamente polimorfici, l'identificazionde degli aplotipi con distribuzioni limitare possono fornire "firme" di antiche connessioni che sono state parzialmente oscurate dalla successiva mescolanza con altre popolazioni. Il flusso genetico dai Cohanim potrebbe spiegare la presenza dell'aplotipo modale Cohen sia aschenazita che sefardita d'Israele o potrebbe essere una firma dell'antica popolazione ebrea. L'aplotipo modale Cohen può quindi essere utile per testare le ipotesi per quanto riguarda il rapporto tra le  specifiche comunità contemporanee e l'antico popolo ebraico.
Data il relativo isolamento delle comunità Ashkenazite e Sefardite negli ultimi 500 anni, la presenza dello stesso aplotipo modale nei Cohanim di entrambe le comunità suggerisce fortemente una comune origine. È interessante, perciò, stimare il tempo in cui i Cromosomi Cohen siano derivati da un comune cromosoma ancestrale (tempo di coalescenza).
Assumiamo che l'aplotipo modale è ancestrale a causa della sua alta frequenza e escludiamo dalle analisi I pochi cromosomi Cohen che appaiono non essere correlati a dei loro membri di differenti gruppi UEP (tabella 1)
La distribuzione delle dimensioni degli alleli all'interno dei gruppi UEP  dal microsatellite trinucleotidico DYS388 indica un allontanamento dalla mutazione a modello graduale. Poichè questo modello alla base del metodo lo useremo per stimare il tempo di coalescenza dei cromosomi Cohen abbiamo omesso DYS388 dalle analisi.
Sotto mutazioni graduali, la media quadratica di differenza (ASD) in termini di dimensioni di allele tra tutti I cromosomi in corso e l'aplotipo ancestrale, una media di oltre 2,3 loci ha una aspettativa di mt, dove m è la percentuale di mutazione e t il tempo di coalescenza. Prendendo le comunità ashkenazite e sefardite nel loro complesso, il valore per ASD è 0.2226. Ipotizzando un tasso di mutazione di 0.0021 (rif.4) questo fornisce una stima di 106 generazioni, che per un tempo di generazione di 25 (30) anni fornisce una stima di 2650 (3180) anni prima del presente, datando la coalescenza dei cromosomi Cohanim tra l'Esodo e la distruzione del primo Tempio avvenuta nel 586 a.C. Le stime, basate sui campioni aschenaziti e sefarditi presi separatamente, sono rispettivamente di 2619 (3142) e 2684 (3221) anni prima del presente.
Per ottenere intervalli di confidenza sulla distanza tra cromosomi ancestrali e cromosomi campionati (ignorando l'incertezza nel tasso di mutazione), si nota che la maggior parte degli aplotipi non ancestrali sono singoletti, che indica che la genealogia che collega i cromosomi Cohen è più come una "genealogia a stella"caratteristico di una rapida crescita piuttosto che la genealogia correlata caratteristica di popolazioni di dimensioni costanti. Per ottenere degli intervalli di fiducia in questo caso, si assume che le mutazioni M si verificano durante le 106 generazioni, con M essendo una variabile aleatoria di Poisson con parametro 106 m. Il numero di mutazioni aumenta le dimensioni dell'allele (d) è tratto da una distribuzione binomiale con parametri 0.5 e M (0.5 riflette le dimensioni di simmetria di mutazioni)che porta alla distanza D = (2d-M). In una genealogia a stella, abbiamo 485 osservazioni di D (il numero di loci moltiplicato per le dimensioni del campione).
Gli intervalli di confidenza sono ottenuti ripetendo questo processo 1000 volte e prendendo I percentili associati 2.5 e 97.5, portando ad un intervallo di confidenza di 95% di 85 - 130 generazioni per I campioni combinati aschenaziti e sefarditi o per un tempo di generazione di 25 anni, 2100-3250 anni prima del presente. In base a queste ipotesi, l'intervallo di confidenza di 95%  l'origine dei cromosomi Y sacerdotali in un momento durante o poco prima del periodo del Tempio nella storia ebraica. L'incertezza nel tasso di mutazione amplia in modo significativo questi intervalli (se si assumono intervalli di confidenza conservativi al 95% sia sulla distanza che sulla percentuale di mutazione porta ad un intervallo di 34 - 455 generazini) come farebbe supporre una diversa ipotesi sulla forma della genealogia del Cromosoma Y dei Cohen.  

Mark G. Thomas
The Centre for Genetic Anthropology,
Departments of Biology and Anthropology,
University College London, London WC1E 6BT, UK
Karl Skorecki*†, Haim Ben-Ami†
* Bruce Rappaport Faculty of Medicine and
Research Institute, Technion, Haifa 31096, Israel
† Rambam Medical Centre, Haifa 31096, Israel
Tudor Parfitt
School of Oriental and African Studies,
University of London, London WC1H OXG, UK
Neil Bradman, David B. Goldstein
Department of Zoology, University of Oxford,
Oxford OX1 3PS, UK
e-mail: david.goldstein@zoo.ox.ac.uk

domenica 19 marzo 2017

Eterotrofi e Autotrofi

Non tutti sono concordi su quando comparvero le prime cellule sulla Terra né su quale fosse la prima fonte di energia utilizzata da queste cellule primordiali in un ambiente così ostile come doveva essere il nostro pianeta in origine. Sicuramente, molto diverso da come è oggi e da come siamo abituati a conoscerlo. L'atmosfera era ben diversa da quella oggi conosciuta. La stessa luce che illuminava il pianeta in formazione anch'essa era molto diversa e, con ogni probabilità, più torbida a causa delle numerose eruzioni vulcaniche e tipiche di quello che era il giovane pianeta Terra in origine.
Oggi tutti gli organismi moderni si dividono in due modi. Gli eterotrofi sono gli organismi che dipendono da una fonte energetica esterna a essi; ed è questo che vuol dire la parola eterotrofi con cui si indicano. Questo termine deriva dalle parole greca "etero-"  che significa "altro"  e "trophos" che significa "nutrirsi". Tutti gli animali e i funghi e molti organismi eucariotici unicellulari sono eterotrofi.
Gli Autotrofi,, invece, sono quegli organismi "che hanno sviluppato un meccanismo che gli permette di nutrirsi da soli", in breve è questo che vuol dire autotrofi. Infatti essendo capaci di di sintetizzare le proprie molecole organiche ricche di energia (zuccheri, ATP e amminoacidi) a partire da molecole inorganiche. In questo gruppo si annoverano, le piante (che usano la fotosintesi clorofilliana) e molti organismi unicellulari (come batteri chemiolitotrofi) che svolgono i processi di chemiosintesi. Un buon esempio di quest'ultimi sono i metanogeni, batteri anaerobi (cioè che vivono in completa assenza di ossigeno) capaci di estrarre energia per chemiosintesi dall'anidride carbonica e dall'idrogeno gassoso producendo metano (CH4).
I fossili più antichi testimoniano la presenza sia di organismi autotrofi che eterotrofi. 
Un ameba non parassita che preda un ciliato.
Da tantissimo tempo si è ipotizzato che la prima forma cellulare fosse eterotrofa. Secondo questa ipotesi, man mano che il numero delle cellule eterotrofe aumentava le risorse di molecole energetiche libere da cui dipendeva la loro esistenza e che si erano accumulate nel corso dei millenni di vita abiogena della Terra. Una volta ridotta questa forma di energia si innescarono meccanismi di competizione che consistevano nella caccia e autofagia di queste prime cellule. Un pò quello che succede oggi con un ameba che preda un protozoo ciliato. Si nutre della preda utilizzando i suoi componenti per produrre energia.
Le scoperte più recenti, tuttavia, hanno messo in evidenza che le prime cellule potessero essere state autotrofe sia chemiosintetiche che fotosintetiche. Infatti, sono stati trovati numerosi gruppi di batteri chemiosintetici che sarebbero stati molto adatti a vivere nelle condizioni ambientali del giovane pianeta Terra. Alcuni di questi batteri vivono nelle paludi, mentre altri nelle profondità oceaniche dove si raccolgono i gas sfuggiti dalle fessure della crosta terrestre. Quindi in condizioni di anaerobiosi. 
In realtà i biologi non sono in grado di rispondere con certezza se le prime forma di vita fossero eterotrofe o autotrofe, ma è certo che senza l'evoluzione degli autotrofi (organismi fotosintetici), la vita sulla Terra sarebbe presto cessata. Gli autotrofi di maggior successo sono stati quelli che hanno sviluppato la capacità di di usare direttamente l'energia solare nel processo di fotosintesi. Con la comparsa del processo fotochemiosintetico il flusso energetico nella biosfera ha assunto la forma attuale dominante.