venerdì 21 aprile 2017

La Fauna di Ediacara del Neoproterozoico

di Nannai

Il Neoproterozoico (1.000 – 570 m.a.)



Il periodo che va dai 1000 ai 545 milioni di anni fa (Neoproterozoico) è un complesso mosaico di grandi sconvolgimenti geologico - ambientali, alcuni dei quali non hanno l’equivalente nel Fanerozoico. Si tratta del periodo nel quale sono maturati l'esplosione filetica del Cambriano e gli importanti cambiamenti faunistici che l’ hanno  preceduta. Vale la pena di delineare questo mosaico, in quanto è probabile che qualche tassello abbia contribuito a creare le condizioni per i grandi cambiamenti biologici.
Il Neoproterozoico comincia con un evento che si è ripetuto tre o quattro volte nella storia del pianeta, e cioè l’aggregazione delle masse continentali in un’unica “Pangea” (Rodinia, c. 1000 Ma). La formazione di una Pangea ha ricadute cospicue. Anzitutto l’eustatismo negativo: il supercontinente si colloca a livello topografico alto, per quello che viene chiamato effetto blanket (insufficiente smaltimento del calore di origine profonda), ed è soggetto a diffusa alterazione meteorica. Dato che questa consiste soprattutto in una carbonatazione dei silicati, il processo utilizza CO2 atmosferico, e quindi è un fattore di raffreddamento del clima. Nello stesso senso agisce la diminuzione del vulcanismo legata al ridotto sviluppo delle dorsali oceaniche caratteristico della situazione di Pangea.
Un supercontinente è intrinsecamente instabile per ragioni termiche, e in effetti anche Rodinia non ebbe vita lunga. 700 Ma fa non solo si era già disgregata (con formazione di nuovo bacini oceanici), ma era in fase di ri-aggregazione almeno parziale a bassa latitudine, come ci dice il paleomagnetismo. Il risultato fu un nuovo supercontinente (Gondwana) che si realizzò sui 650-600 Milioni di anni fa riunendo quelli che sono gli attuali continenti australi, grazie ad una serie di orogenesi collisionali, oggi perfettamente identificabili, e alla conseguente chiusura di alcuni, relativamente effimeri, oceani post-Rodinia.
Il periodo da 700 a 600 Ma (“Criogeniano”), dominato da grandi cambiamenti climatici, si aprì e si chiuse con due glaciazioni che si estesero alle basse latitudini, e furono quindi di entità superiore a quelle fanerozoiche. Alla frammentazione di Rodinia, infatti, non si era associato un miglioramento climatico. Lo sviluppo di nuovi, lunghi margini continentali sommersi (siti di rapida sedimentazione) aveva probabilmente comportato un forte sequestro di anidride carbonica (CO2) atmosferica mediante rapido seppellimento di materiale organico.
La principale documentazione delle glaciazioni è costituita da diamictiti che si intercalano entro le sequenze neoproterozoiche. Questi peculiari conglomerati, infatti, sono generalmente riferiti a deposito in ambiente glaciale, anche se non mancano vedute alternative, e qualcuno li ha addirittura interpretati come prodotti di impatto di grandi corpi extratellurici (impact ejecta). E’ notoria la difficoltà di correlare tra loro le sequenze sedimentarie precambriche, data la scarsità (quando non assenza) di fossili. Malgrado ciò, correlazioni soddisfacenti sono state oggi raggiunte nel Neoproterozoico, grazie alla estrema precisione delle datazioni radiometriche e in particolare del metodo U-Pb su zirconi, che è stato applicato con successo sui livelli vulcanitici intercalati nelle sequenze sedimentarie. Ha contribuito anche l’utilizzo di indicatori isotopici misurati in sedimenti marini (in particolare C, S e Sr), indicatori per i quali si sono potute costruire curve di variazione di valore globale.
Il numero delle glaciazioni neoproterozoiche è stato a lungo discusso, ma il progresso delle correlazioni ha infine permesso di raggiungere un ampio consenso. Si riconoscono una glaciazione intorno a 700 Ma (Sturziana) ed una a 600-590 Ma (Marinoana), entrambe note anche con vari altri nomi regionali, tra le quali si colloca un picco del valore del rapporto 34S\32S probabilmente connesso con una variazione dell’attività dei batteri solfato-riducenti (i quali utilizzano selettivamente l’isotopo leggero). A queste due glaciazioni se ne aggiunge dubitativamente una meno importante a 570 Ma. La correlazione copre ormai un ambito amplissimo, dall’Australia al 
Canada alle Svalbard alla Namibia alla Polonia alla Siberia al Mali, solo per citare le ubicazioni più note.
E’ sulla base di questi caratteri che è stato proposto per queste glaciazioni, in particolare per la Marinoana, il cosiddetto modello Snowball Earth, il quale assume una glaciazione globale incrementata per feedback positivo dall’aumento dell’albedo, glaciazione che avrebbe portato all’annullamento dell’attività biologica negli oceani. Ingegnoso quanto controverso, il modello postula una deglaciazione dovuta a un effetto serra indotto dal CO2 di origine vulcanica e dalla assenza del sink costituito dalla materia organica e incrementato (feedback positivo) dal vapor d’acqua creato dalla deglaciazione stessa. In un’atmosfera ricca di CO2, piogge acide avrebbero portato molti cationi all’oceano inducendo rapida precipitazione di carbonati (cap carbonates). Il modello dovrebbe presupporre il venir meno dell’apporto di detrito continentale nel periodo glaciale, e quindi una diminuzione del valore di 87Sr\86Sr che però non si riscontra (al contrario, si ha un aumento).
Con la formazione del cap carbonate marinoano si fa cominciare l’ultimo periodo del Neoproterozoico (“Neoproterozoico Terminale”). Sempre in condizioni di Pangea, compaiono i grandi acritarchi acantomorfi e poi, a circa 570 Ma, la fauna di Ediacara, che potrebbe avere trovato il suo spazio ecologico preparato dal declino degli stromatoliti e dalla probabile estinzione di massa legata alla glaciazione marinoana. Comparsa in corrispondenza di una anomalia negativa di delta 13C, tale fauna scompare a circa 544 Ma con un’altra anomalia negativa di delta 13C ed una anomalia positiva di iridio analoga a quella del limite Cretacico-Terziario: due fattori che suggeriscono una estinzione di massa causata da impatto meteoritico. La durata dell’anomalia di C è valutata sul milione di anni. A circa 544 Ma risale anche la drastica diminuzione di ampiezza della curva di variazione di delta 13C, che taluno attribuisce all’effetto di tampone degli organismi secretori di carbonato.
Un imbarazzante gap faunistico di circa 15 Ma, riempito solo dai peculiari taxa del Tommotiano, sembra interporsi tra l’estinzione della fauna di Ediacara e la principale esplosione filetica.
Abbiamo lasciato l’evoluzione geologica al tempo della grande glaciazione marinoana: al limite Pc/C le condizioni sono cambiate. Gondwana sta frammentandosi e tra i frammenti si sviluppa un intenso vulcanismo da rift che va arricchendo l’atmosfera in CO2. Mentre il clima si scalda, e si alza il livello eustatico, piattaforme continentali sommerse e mari epicontinentali forniscono un’abbondanza di nicchie ecologiche. Un’estinzione di massa ha creato spazio ecologico.
La frammentazione di Gondwana, e gli eventi che la precedono, predispongono condizioni favorevoli per l’esplosione della Vita. Forse Gaia, questa volta “coglie l’occasione” che aveva perso con la frammentazione di Rodinia?

La Fauna di Ediacara 

I primi ritrovamenti di organismi pluricellulari vennero fatti da ricercatori tedeschi in Namibia (Africa sudoccidentale).
La scoperta delle faune pluricellulari precambriane è tuttavia associata agli affioramenti delle colline di Ediacara, una zona arida e desolata dell’Australia sud-occidentale a circa 600 km a nord di Adelaide. La fauna di Ediacara è costituita da impronte (positive e negative) di macro-fossili (invertebrati) la cui età è compresa tra 620 e 550 milioni di anni. Inizialmente questa associazione si pensava fosse esclusiva dell’Australia, ma in seguito verrà trovata anche in Nord America, Europa ed Asia, risultando essere tipica del Tardo precambriano. Tutti gli autori concordano nel ritenere che la fauna di Ediacara fosse costituita da organismi dal corpo molle privi di parti dure. E pare che il paleoambiente fosse localizzato nella zona fotica. La fauna di Ediacara, che si è sviluppata tra il 580 e il 560 milioni di anni fa, dà il nome ad un intervallo stratigrafico chiamato Ediacariano, che è delimitato inferiormente dalle ultime tilliti della glaciazione Varangeriana (avvenuta tra 650 e 630 m. a. fa) e superiormente dalla base del Cambriano.
La fauna tipica di Ediacara sembra estinguersi nella parte alta dell’Ediacariano che è caratterizzata da Acritarchi alghe pluricellulari e tracce fossili abbondanti e ben differenziate.
 

Composizione: I componenti della fauna di Ediacara (circa 100 specie) posseggono dimensioni che variano da pochi centimetri a qualche decimetro. I tipi morfologici più comuni sono:
1)      Impronte “medusoidi” a profilo circolare con struttura concentrica dominante e simmetria radiale subordinata (gen. Cyclomedusa, Eoporpita, ediacaria, Ovatoscutum, Medusinites, ecc)
2)      Impronte “medusoidi” a simmetria radiale di ordine variabile e provviste di strutture particolari interpretate nei vari generi come tentacoli marginali (Hiemalora), gonadi /Hallidaya, Elasenia), canali gastrovascolari (Rugoconites), cavità gastrali (Bonata).
3)      Impronte circolari a simmetria radiale di ordine costante dal cui centro si diparte una struttura triradiale costituita da raggi semplici uncinati (Tribrachidium) o multiramificati (Albumares, Anfesta).
4)      Impronte frondiformi di organismi apparentemente coloniali molti dei quali sono privi di uno stelo assiale ma provvisti di una struttura di ancoraggio a forma di bulbo.
5)      Impronte da ovoidali ad allungate costituite da un capo a forma di ferro di cavallo o di mezzaluna e da un corpo che porta un numero di segmenti variabile da cinque a oltre quaranta.
6)      Impronte ovali a forma di scudo con un bordo anteriore rilevato e una cresta mediana dalla quale si dipartono solchi radiali interpretati come appendici.

Il problema dell’interpretazione sistematica 

La fauna di Ediacara è oggetto attualmente di due interpretazioni:

a)      La prima, sostenuta da Glaessner (1984) e dalla scuola australiana, afferma che questi organismi costituiscano i rappresentanti primitivi di alcuni gruppi attuali (celenterati, anellidi, artropodi, ecc.). Ad es., alcune forme frondiformi rientrerebbero negli ottocoralli (Ranger e Charnia) o nei pennatularidi (Charniodiscus, Pteridinium)(Jenkins, 1985), forme ovali come Dickinsonia sono state avvicinate a vermi segmentati, mentre forme allungate come Spriggina non sarebbero altro che artropodi precursori del phylum Multiramia che comprende trilobiti, crostacei e chelicerati.
b)      Secondo Fendonkin (1985;1986), il carattere primitivo della simmetria radiale (Radiata) rispetto a quella bilaterale (Bilateralia) è documentato dalla sua maggiore frequenza nella Fauna di Ediacara, cioè all’inizio della storia degli animali. Su questa base l’autore asserisce anche che i celenterati sarebbero anche il gruppo più primitivo dei Metazoi. Egli riconosce anche che l’organizzazione bilaterale segmentata che è alla base della locomozione peristaltica, è ben rappresentata nel Vendiano.
c)      La seconda interpretazione, sostenuta da Seilacher, e seguita anche da Jan Bergstrom, propone che gli organismi a corpo molle del Vendiano non hanno nessuna affinità con i metazoi del Fanerozoico ma che rappresentino un gruppo a se stante di organismi multicellulari (Vendozoa) che si estinsero poco prima della fine del Precambriano. In particolare è stato osservato che le stesse impronte “medusoidi”, ritenute le forme più facilmente interpretabili, hanno in realtà una distribuzione degli elementi radiali e concentrici invertita rispetto alle vere meduse del Fanerozoico. Sempre secondo l’ipotesi di Seilacher, il modello funzionale della fauna di Ediacara caratterizzato da morfologie unipolari, bipolari e radiali con una struttura pneumatica “a trapunta”  non sarebbe stato adeguato all’avvento dei predatori macrofagi. Anche il tegumento sottile ed elastico che probabilmente rivestiva gli organismi di Ediacara, non costituiva certamente una resistenza efficace contro la predazione. In definitiva secondo Seilacher i Vendozoa rappresenterebbero un esperimento evolutivo fallito. I progenitori dei metazoi attuali andrebbero ricercati negli organismi che hanno lasciato le numerose tracce fossili nella parte alta del Vendiano.

Una caratteristica comune a tutti i rappresentanti della Fauna di Ediacara è quella di avere un corpo quasi laminare con superficie corporea molto ampia e un volume corporeo estremamente ridotto. Poiché questi organismi non presentano traccia di bocca  di sistemi circolatorio, respiratorio e digerente, è probabile che tutti i processi metabolici avvenissero attraverso il corpo che quindi doveva necessariamente avere un elevato rapporto superficie/volume. Queste caratteristiche si accordano molto bene con un modo nutrizionale fotoautotrofico o chemiotrofico che presuppone rapporti simbiotici con alghe o batteri.
È interessante osservare che la presenza di diversi esemplari perfettamente conservati trovati nelle torbiditi dell’isola di Terranova e dell’Inghilterra può essere imputabile a fenomeni di trasporto, a modo di vita pelagico oppure può favorire l’ipotesi dell’endosimbiosi con batteri chemiosintetici piuttosto che con organismi fotosintetizzanti; questa ipotesi richiama il caso di alcuni pogonofori[1] attuali simbionti con batteri chemioautotrofi, per i quali è stato coniato il termine di “animali autotrofi”.
L’associazione ospite-simbionte risulta particolarmente favorita in acque povere di risorse trofiche come dovevano essere quelle dei mari del tardo Precambriano.

Scomparsa: Il problema della scomparsa della Fauna di Ediacara va considerato nel contesto delle osservazioni precedenti; in particolare le cause della estinzione, la prima tra i Metazoi, sono state attribuite prevalentemente:
1)      all’affermarsi di nuove strategie alimentari come  l’eterotrofia molto più efficiente rispetto alla fototrofia e alla chemiotrofia  e in particolare al successo dei predatori. Ciò sarebbe provato anche dal declino degli stromatoliti, iniziato attorno a 800 milioni di anni fa, i cui tappeti algali venivano presumibilmente consumati da animali mobili provvisti di apparati radulari.
2)      A un fenomeno di eutrofizzazione degli oceani documentato da un imponente aumento di depositi fosfatici.
3)      A un evento oceanico anossico (anossia) accompagnato da una successione di fasi regressive-trasgressive, la più importante delle quali è documentata nella Piattaforma dello Yangtze da uno hiatus all’inizio della trasgressione Meishucuniana.




[1] Pogonofori = animali vermiformi cubicoli molto lunghi e sottili, privi di apparato digerente, che vivono nelle grandi profondità marine all’interno di tubi chitinosi.

mercoledì 22 marzo 2017

Cohen - Origini dei Sacerdoti del Vecchio Testamento

tr. Nannai

from: MG Thomas; K Skorecki ad; H Ben-Amid; T Parfitt - Origins_of_Old_Testament_priests - Nature 1998

Secondo la tradizione giudea (ebrea), seguendo l'Esodo dall'Egitto, ai maschi della tribù di Levi, di cui Mosè era un membro, furono designati delle speciali responsabilità religiose, e i discendenti maschi di Aronne, suo fratello, furono scelti per servire come Sacerdoti (Cohanim).
Nella misura in cui l'eredità patrilineare è stata seguita sin da qualche tempo intorno al periodo del Tempio ( all'incirca 3.000-2000 anni prima di oggi) il cromosoma Y degli attuali Cohanim e Leviti si mostra essere non solo distinguibile da quelli degli altri ebrei, ma - data la dispersione del sacerdozio dopo la distruzione del Tempio - essi derivano da un antenato comune non più recente del periodo del Tempio. Qui mostriamo che sebbene I cromosomi Y dei Leviti siano diversi, I cromosomi Cohen sono omogenei. Tracciamo l'origine dei cromosomi Cohen fino a circa 3000 anni prima di oggi, fino all'inizio durante il periodo del Tempio.
Abbiamo caratterizzato una specifica variazione del cromosoma Y in sei microsatelliti (ripetizioni di brevi sequenze nucleotidiche) e sei polimorfismi in unico evento (UEPs)in un campione di 306 maschi ebrei.  Provenienti da Israele, Canada, e Regno Unito. Abbiamo trovato 112 aplotipi combinati (vedi informazioni aggiuntive). 




Nonostante l'ampia diversità tra gli israeliti, un singolo aplotipo (il Cohen modal aplotipo) è sorprendentemente frequente sia nei Cohanim Ashkenaziti che Sefarditi (Tabella 1 e informazioni supplementari).
A causa dell'instabilità del microsatellite, è utile definire un cluster (gruppo) modale di cromosomi correlati come l'aplotipo modale e tutti I suoi vicini con una sola mutazione nei loci di microsatellite, che tutti condividono gli stessi marcatori UEP. Nei Cohanim aschenaziti e sefarditi, l'aplotipo modale (gruppo) presenta frequenze di 0.449 (0.694) e 0.561 (0614) rispettivamente. Per comparazione, tra gli ashkenaziti e I sefarditi di Israele le frequenze sono di 0.132 (0.147) e 0.098 (0.138), rispettivamente. I Leviti , a differenza dei Cohanim, hanno un numero significativo di Y cromosomi in tre diversi gruppi definiti UEP (Tabella 1), che indica che I cromosomi leviti hanno origini eterogenee. I leviti contemporanei, pertanto, non sono diretti discendenti patrilineari di un gruppo tribale paternalmente correlati. L'identificazione della frequenza del di UEP dei cromosomi del gruppo B, e dei Leviti Ashkenazi in particolare l'aplotipo modale (informazioni supplementari), in altre popolazioni può aiutare a scoprire le origini dell'eterogeneità dei Leviti.
Per sistemi a singolo locus, altamente polimorfici, l'identificazionde degli aplotipi con distribuzioni limitare possono fornire "firme" di antiche connessioni che sono state parzialmente oscurate dalla successiva mescolanza con altre popolazioni. Il flusso genetico dai Cohanim potrebbe spiegare la presenza dell'aplotipo modale Cohen sia aschenazita che sefardita d'Israele o potrebbe essere una firma dell'antica popolazione ebrea. L'aplotipo modale Cohen può quindi essere utile per testare le ipotesi per quanto riguarda il rapporto tra le  specifiche comunità contemporanee e l'antico popolo ebraico.
Data il relativo isolamento delle comunità Ashkenazite e Sefardite negli ultimi 500 anni, la presenza dello stesso aplotipo modale nei Cohanim di entrambe le comunità suggerisce fortemente una comune origine. È interessante, perciò, stimare il tempo in cui i Cromosomi Cohen siano derivati da un comune cromosoma ancestrale (tempo di coalescenza).
Assumiamo che l'aplotipo modale è ancestrale a causa della sua alta frequenza e escludiamo dalle analisi I pochi cromosomi Cohen che appaiono non essere correlati a dei loro membri di differenti gruppi UEP (tabella 1)
La distribuzione delle dimensioni degli alleli all'interno dei gruppi UEP  dal microsatellite trinucleotidico DYS388 indica un allontanamento dalla mutazione a modello graduale. Poichè questo modello alla base del metodo lo useremo per stimare il tempo di coalescenza dei cromosomi Cohen abbiamo omesso DYS388 dalle analisi.
Sotto mutazioni graduali, la media quadratica di differenza (ASD) in termini di dimensioni di allele tra tutti I cromosomi in corso e l'aplotipo ancestrale, una media di oltre 2,3 loci ha una aspettativa di mt, dove m è la percentuale di mutazione e t il tempo di coalescenza. Prendendo le comunità ashkenazite e sefardite nel loro complesso, il valore per ASD è 0.2226. Ipotizzando un tasso di mutazione di 0.0021 (rif.4) questo fornisce una stima di 106 generazioni, che per un tempo di generazione di 25 (30) anni fornisce una stima di 2650 (3180) anni prima del presente, datando la coalescenza dei cromosomi Cohanim tra l'Esodo e la distruzione del primo Tempio avvenuta nel 586 a.C. Le stime, basate sui campioni aschenaziti e sefarditi presi separatamente, sono rispettivamente di 2619 (3142) e 2684 (3221) anni prima del presente.
Per ottenere intervalli di confidenza sulla distanza tra cromosomi ancestrali e cromosomi campionati (ignorando l'incertezza nel tasso di mutazione), si nota che la maggior parte degli aplotipi non ancestrali sono singoletti, che indica che la genealogia che collega i cromosomi Cohen è più come una "genealogia a stella"caratteristico di una rapida crescita piuttosto che la genealogia correlata caratteristica di popolazioni di dimensioni costanti. Per ottenere degli intervalli di fiducia in questo caso, si assume che le mutazioni M si verificano durante le 106 generazioni, con M essendo una variabile aleatoria di Poisson con parametro 106 m. Il numero di mutazioni aumenta le dimensioni dell'allele (d) è tratto da una distribuzione binomiale con parametri 0.5 e M (0.5 riflette le dimensioni di simmetria di mutazioni)che porta alla distanza D = (2d-M). In una genealogia a stella, abbiamo 485 osservazioni di D (il numero di loci moltiplicato per le dimensioni del campione).
Gli intervalli di confidenza sono ottenuti ripetendo questo processo 1000 volte e prendendo I percentili associati 2.5 e 97.5, portando ad un intervallo di confidenza di 95% di 85 - 130 generazioni per I campioni combinati aschenaziti e sefarditi o per un tempo di generazione di 25 anni, 2100-3250 anni prima del presente. In base a queste ipotesi, l'intervallo di confidenza di 95%  l'origine dei cromosomi Y sacerdotali in un momento durante o poco prima del periodo del Tempio nella storia ebraica. L'incertezza nel tasso di mutazione amplia in modo significativo questi intervalli (se si assumono intervalli di confidenza conservativi al 95% sia sulla distanza che sulla percentuale di mutazione porta ad un intervallo di 34 - 455 generazini) come farebbe supporre una diversa ipotesi sulla forma della genealogia del Cromosoma Y dei Cohen.  

Mark G. Thomas
The Centre for Genetic Anthropology,
Departments of Biology and Anthropology,
University College London, London WC1E 6BT, UK
Karl Skorecki*†, Haim Ben-Ami†
* Bruce Rappaport Faculty of Medicine and
Research Institute, Technion, Haifa 31096, Israel
† Rambam Medical Centre, Haifa 31096, Israel
Tudor Parfitt
School of Oriental and African Studies,
University of London, London WC1H OXG, UK
Neil Bradman, David B. Goldstein
Department of Zoology, University of Oxford,
Oxford OX1 3PS, UK
e-mail: david.goldstein@zoo.ox.ac.uk

domenica 19 marzo 2017

Eterotrofi e Autotrofi

Non tutti sono concordi su quando comparvero le prime cellule sulla Terra né su quale fosse la prima fonte di energia utilizzata da queste cellule primordiali in un ambiente così ostile come doveva essere il nostro pianeta in origine. Sicuramente, molto diverso da come è oggi e da come siamo abituati a conoscerlo. L'atmosfera era ben diversa da quella oggi conosciuta. La stessa luce che illuminava il pianeta in formazione anch'essa era molto diversa e, con ogni probabilità, più torbida a causa delle numerose eruzioni vulcaniche e tipiche di quello che era il giovane pianeta Terra in origine.
Oggi tutti gli organismi moderni si dividono in due modi. Gli eterotrofi sono gli organismi che dipendono da una fonte energetica esterna a essi; ed è questo che vuol dire la parola eterotrofi con cui si indicano. Questo termine deriva dalle parole greca "etero-"  che significa "altro"  e "trophos" che significa "nutrirsi". Tutti gli animali e i funghi e molti organismi eucariotici unicellulari sono eterotrofi.
Gli Autotrofi,, invece, sono quegli organismi "che hanno sviluppato un meccanismo che gli permette di nutrirsi da soli", in breve è questo che vuol dire autotrofi. Infatti essendo capaci di di sintetizzare le proprie molecole organiche ricche di energia (zuccheri, ATP e amminoacidi) a partire da molecole inorganiche. In questo gruppo si annoverano, le piante (che usano la fotosintesi clorofilliana) e molti organismi unicellulari (come batteri chemiolitotrofi) che svolgono i processi di chemiosintesi. Un buon esempio di quest'ultimi sono i metanogeni, batteri anaerobi (cioè che vivono in completa assenza di ossigeno) capaci di estrarre energia per chemiosintesi dall'anidride carbonica e dall'idrogeno gassoso producendo metano (CH4).
I fossili più antichi testimoniano la presenza sia di organismi autotrofi che eterotrofi. 
Un ameba non parassita che preda un ciliato.
Da tantissimo tempo si è ipotizzato che la prima forma cellulare fosse eterotrofa. Secondo questa ipotesi, man mano che il numero delle cellule eterotrofe aumentava le risorse di molecole energetiche libere da cui dipendeva la loro esistenza e che si erano accumulate nel corso dei millenni di vita abiogena della Terra. Una volta ridotta questa forma di energia si innescarono meccanismi di competizione che consistevano nella caccia e autofagia di queste prime cellule. Un pò quello che succede oggi con un ameba che preda un protozoo ciliato. Si nutre della preda utilizzando i suoi componenti per produrre energia.
Le scoperte più recenti, tuttavia, hanno messo in evidenza che le prime cellule potessero essere state autotrofe sia chemiosintetiche che fotosintetiche. Infatti, sono stati trovati numerosi gruppi di batteri chemiosintetici che sarebbero stati molto adatti a vivere nelle condizioni ambientali del giovane pianeta Terra. Alcuni di questi batteri vivono nelle paludi, mentre altri nelle profondità oceaniche dove si raccolgono i gas sfuggiti dalle fessure della crosta terrestre. Quindi in condizioni di anaerobiosi. 
In realtà i biologi non sono in grado di rispondere con certezza se le prime forma di vita fossero eterotrofe o autotrofe, ma è certo che senza l'evoluzione degli autotrofi (organismi fotosintetici), la vita sulla Terra sarebbe presto cessata. Gli autotrofi di maggior successo sono stati quelli che hanno sviluppato la capacità di di usare direttamente l'energia solare nel processo di fotosintesi. Con la comparsa del processo fotochemiosintetico il flusso energetico nella biosfera ha assunto la forma attuale dominante. 

martedì 7 febbraio 2017

Cromosoma Y - Struttura e Marcatori Genetici


Struttura del Cromosoma Y


Il Cromosoma Y è uno dei più piccoli cromosomi all'interno del genoma umano. Viene ereditato come entità aploide per via paterna e si presenta come un piccolo cromosoma acrocentrico caratterizzato da una bassissima densità di geni e da una bassa frequenza di mutazioni. È una molecola lineare con una dimensione complessiva di circa 60 Mb. Di questi circa 24 Mb riguardano la regione eucromatica e di circa 30 Mb per quanto riguarda la regione eterocromatica, insieme vengono indicati come la regione non combinante NRY ora denominato MSY (regione specifica di sesso maschile), che corrisponde a circa il 95% del cromosoma Y (Butler 2003). In origine conteneva 1500-2000 geni ora ne sono noti una novantina (90 geni).


Il cromosoma Y è diventato il sistema di aplotipizzazione più utile e informativo, grazie all'identificazione e la caratterizzazione di oltre 40 microsatelliti ( o short tandem repeats [ripetizioni brevi in tandem]o STR, conosciuti anche come simple sequence repeats o SSR) sequenze di DNA non codificante e oltre 220 polimorfismi a singolo nucleotide, SNPs (Jobling er al 2001).


In continua crescita per affidabilità I marcatori a Short Tandem Repeats (STR) e I polimorfismi a Singolo Nucleotide (SNP) forniscono il campo della scienza forense di uno strumento notevole per il profilo forense del DNA per I casi che coinvolgono I test di paternità, le persone scomparse, le aggressioni sessuali, tra cui le migrazioni umane e gli studi evolutivi e le ricerche storiche e genealogiche (Buttler 2003).


Il cromosoma Y segue una successione puramente paterna per il 99,99% ed è ereditato completo da padre in figlio attraverso generazioni ancestrali. Rimane del tutto inalterato e non risente di influenze o scambi con il cromosoma X della madre. (Buttler, 2003).


Ciò insieme al fatto che tutti I marcatori genetici lungo l'intera lunghezza del cromosoma Y sono collegati tra loro, consente la costruzione di Aplotipi da una combinazione di diversi marcatori che possono essere utilizzati negli studi sulle migrazioni umane, la storia evolutiva e l'identificazione umana (Butler, 2003).


 
  1. Cromosoma Y - Regione eterocromatiche e pseudoautosomica.
  2. Rappresentaizone estesa di una sezione del rendimento massimo sostenibile.
  3. Densità di geni che codificano unità trascrizionali e pseudogeni.
  4. % Nucleotidica all'interno di ALU, Geni Retrovirale, LINE1 e ripetizioni in tandem intervallate totali.

 1.2 Regioni Pseudoautosomiche (PARs)
Da un punto di vista strutturale, il cromosoma Y è costituito da due regioni localzzare alle estremità chiamate Regioni Pseudoautosomiche (PAR1 e PAR2) e da una zona non ricombinante (NRY) localizzata tra queste.
Le Regioni PARs  sono le punte telomeriche del cromosoma, quella che si trova nella parte distale del braccio corto (Yp), viene denominata PAR1 ed è lunga circa 2,5 Mb  mentre quella regione PAR che si trova nella parte distale del braccio lungo (Yq), è denominata PAR2, che è lunga meno di 1 Mb (Skaletsky et al., 2003). Entrambi sono geni omologhi che si ricombinano con i geni omologhi del cromosoma X durante la meiosi maschile consentendo quindi che si abbia luogo il crossing over permettendo ai geni di segreggare come loci autosomici (Butler,2003). Pertanto, i geni presenti in queste sequenze presentano un'ereditarietà di tipo autosomico.
Inoltre, le PAR (in particolare la PAR1) sono molto importanti, in quanto permettono una corretta segregazione cromosomica durante la meiosi.
Il gene MIC2 (complesso maggiore di immunità), che codifica per una glicoproteina di membrana CD99 si trova sul braccio corto in posizione Yp11.3 che subisce crossing over con l'allele sul braccio corto del cromosoma X in posizione Xp22.23 (Skaletsky et al., 2003).

1.3 Regione Eterocromatica
La Regione Eterocromatica come accennato in precedenza è di circa 30 Mb di lunghezza ed è situata sul braccio lungo distale (Yq) del cromosoma Y (Skaletsky et al., 2003). Si compone di due grandi sequenze altamente ripetute DYZ1 e DYZ2 (Gusmao et al, 1999).
Inoltre, il cromosoma Y è costituito da due DYZ1 di frammenti ripetuti, uno di 2,1 Kb di lunghezza e due tipi di Haemophilus aegyptius, frammenti HaeIII, Y-specifico, YS e la non-Y-specifico, NSY (Gusmao et al. 1999). Il DYZ1 subisce mutazioni polari in entrambe le regioni 5' e 3' del cromosoma Y e varie mutazioni hot spot (Ali et al. 2003).

1.4 Regione Specifica Maschile (MSY) o Regione non
Ricombinante (NRY)
Fra le regioni pseudoautosomiche (PARs), come detto sopra, si trova una regione non omologa al cromosoma X che si chiama, per tale motivo, Regione Non Ricombinante (NRY non-ricombinig region of the human Y chromosome). Alcuni ricercatori hanno attribuito a questa regione il nome di Male Specific Region (MSY) per mettere in rilievo l'appartenenza di questa regione a individui di sesso maschile. Ciò fu reso anche indispensabile in quanto le più recenti scoperte su questa regione rendevano il veccchio nome di NRY non  più valido e descrittivo in quanto gli studi di genomica intrapresi da Skaletsky et al. (2003) hanno fornito la prova di una grande varietà di ricombinazione intracromosomale in quella che era conosciuta come la regione non ricombinante, la NRY, perciò venne rinominata Regione maschio-specifica maschile, la MSY (Skaletsky et al. 2003).
La regione specifica del sesso maschile, MSY, comprende circa il 95% della lunghezza totale del cromosoma, ed è costituita da una regione eucromatica ed una eterocromatica.  Questa regione è divisa in parti uguali da un mosaico di regioni eucromatiche, costituite da geni funzionali e regioni eterocromatiche, aree prive di geni. (Skaletsky et al., 2003). Una parte di questa regione eucromatica è stata sequenziata (circa 23 Mb), di questi 8 Mb sono situtati sul braccio corto Yp e 14,5 Mb localizzare sul braccio lungo Yq. La restante parte del cromosoma, corrisponde a una regione di eterocromatina di circa 30 Mb localizzata sul braccio lungo, è composta da Sequenze Altamente Ripetute non ancora sequenziate. Ad oggi non sono stati ancora localizzati geni all'interno della regione eterocromatica.
La regione eucromatica è poi suddivisa in tre ulteriori classi chiamate Regione X trasposta, la Regione X-degenerata (X-Degenerative Region) e la regione degli ampliconi (Ampliconic Region) che contengono 156 unità di trascrizione di cui 78 geni che codificano per proteine e 27 geni che codificano per proteine distanti. (Skaletsky et al. 2003).

1.4.1 Regione del X-Trasposto

La Regione del X-Trasposto si trova in due blocchi di sequenza sul braccio corto Yp e insieme sono lunghe circa 3,4 Mb e rappresentano circa il 15% del totale dell'eucromatina nella Regione Maschio-Specifica (MSY) (Skaletsky et al. 2003).
Mostrano la densità genica più bassa e la più alta densità di ripetizioni intervallate, di cui il 36% è rappresentata da Lunghi Elementi Nucleari Interdispersi (LINE1), in cui le tre classi dell'eucromatina MSY e sono caratteristici della sequenza omologa sul cromosoma X a Xq21
Queste sequenze X-trasposte possono essere distinte dalle sequenze pseudoautosomica alle estremità telomeriche di cromosomi X e Y, in quanto non partecipano al crossing over XY durante la meiosi maschile (Skaletsky et al. 2003).

1.4.2 Regione X-Degenerata

La Regione X-degenerata si trova in otto blocchi di sequenza su entrambi I bracci, quelo corto Yp e quello lungo Yq, tutti insieme sono lunghi circa 8,6 Mb e rappresentano circa il 20% del totale dell'eucromatina MSY (Skaletsky et al. 2003).
Compresi in questa regine si trova 27 diversi geni a singola copia X-linked, di cui 13 pseudogeni non-funzionali che contengono sequenze simili a quelle degli introni e degli esoni del X omologo (Skaletsky et al. 2003).
Dei restanti 14, I due geni y-linked RPS4Y1 e RPS4Y2, omologhi del gene RPS4X codifica X-linked per due isoforme non identiche della proteina ribosomiale S4 (famiglie di proteine funzionalmente correlate che differiscono leggeremente nella sequenza aminoacidica), due geni Y-linked CYorfl15A e CYorfl15B, omologhi del gene X-linked che codifica le regioni amino- terminale e carbossi-terminale della proteina CXorfl15 e una si riferisce al gene funzionale SRY, la regione che determina il sesso e 12 che codificano per proteine isoforme non identiche, (famiglie di proteine funzionalmente correlate che differiscono leggermente nella sequenza di aminoacidi) (Skaletsky et al. 2003).

1.4.3 Regione degli Ampliconi
La Regione degli Ampliconi si trova in sette blocchi di sequenza di grandi dimensioni sia sul braccio corto Yp che sul braccio lungo Yq che inseme sono lunghi circa 10.2 MB assomando a circe il 30% della eucromatina MSY (Skaletsky et al. 2003).
Le sequenze Ampliconi presentano la più bassa densità genica di LINE1ed elementi ripetuti intervallati e la più alta densità di geni codificanti e non codificanti delle tre classi di eucromatina MSY (Skaletsky et al. 2003).
La maggior parte dei geni di cui nove proteine specifiche MSY che codificano faniglie geniche sono state identificate (vedi immagine) VCY, XKRY, HSFY di cui esistono due copie BPY2 di cui esistono tre copie, CDY, DAZ di cui esistono 4 copie e RBMY di cui esistono sei copie. Vengono espressi esclusivamente nei testicoli e codificano per proteine che sono specifiche per lo sviluppo, la funzionalità e la fertilità dei testicoli nei maschi. 
 I Geni del cromosoma Y



AMELY: amelogenina sull'Y;

ANT3Y: adenin-nucleotide translocasi-3 sull'Y;

ASMTY: acetilserotonin metiltransferasi sull'Y;

AZF1: fattore 1 dell'azoospermia;

AZF2: fattore 2 dell'azoospermia;

BPY2: proteina basica sull'Y;

CSF2RY: recettore per il fattore stimolante le colonie di granulociti-mascrofagi, subunità alfa sull'Y;

DAZ: gene deleto nell'azoospermia;

IL3RAY: recettore per l'interleuchina 3;

PRKY: protein chinasi legata all'Y; (pseudogene)

RBM1: motivo proteico legante l'RNA, cromosoma Y, famiglia 1, membro A1;

RBM2: motivo proteico 2 legante l'RNA;

SRY: regione deteriminante il sesso sull'Y;

TDF: fattore di determinazione testicolare;

TSPY: proteina testicolo-specifica;

UTY: gene TPR trascritto ubiquitariamente sull'Y;

ZFY: proteina a dita di zinco sull'Y


Da <https://it.wikipedia.org/wiki/Cromosoma_Y>

I Marcatori del Cromosoma Y

Dal momento che a livello della NRY non avviene ricombinazione, si avrà all'interno di questa regione un accumulo di eventi mutazionali avvenuti nel corso delle generazioni lungo la linea esclusivamente maschile.
Le due categorie di Marcatori Molecolari usate per lo studio della variabilità del cromosoma Y sono I loci bi-alellici e i loci multi-allelici.

  • Fanno parte dei loci bi-allelici i Polimorfismi a Singolo Nucleotide (SNPs) e l'inserzione o delezione degli elementi Alu che portano entrambi alla comparsa di due possibili forme alleliche. Gli SNPs, cioè i polimorfismi a singolo nucleotide presentano uno specifico nucleotide che subisce un cambiamento nella copia di base attraverso meccanismo di sostituzione, di transizione o di trasduzione. 

 
Questi marcatori hanno un basso tasso di mutazione e sono considerati quasi eventi unici (circa < 10-9 per generazione). Ad oggi, si è riusciti a caratterizzare circa 250 marcatori bi-allelici del cromosoma Y (Consorzio del Cromosoam Y, 2002).




  •  I loci multi-allelici comprendono due minisatelliti o VNTRs (Variable Number of Tandem Repeat) e più di 200 microsatelliti o STRs (Short Tandem Repeat). Si differenziano per lunghezza, quindi, ogni satellite è caratterizzato da una determinata sequenza nucleotidica di una certa lunghezza ripetuta diverse volte. Gli STR e i VNTRs sono delle sequenze intersperse per tutto il genoma umano e quindi presenti anche sul Cromosoma Y. Mostrano un elevato grado di variabilità interindividuale e per questo motivo sono stati spesso utilizzati negli studi di mappatura genetica, studi di linkage e per l'identificazione personale.

    Un allele si differenzia dall'altro per il numero di ripetizioni.

  • Vengono definiti  VNTRs I polimorfismi di lunghezza le cui unità base di ripetizione superano le 6 pb (> 6pb). In genere, consistono in ripetizioni di 15-20bp, con una lunghezza totale che varia da 300 bp ad 1 kb.
  • Mentre gli STRs  o Microsatelliti hanno un segmento ripetuto lungo non più di 6 bp, in genere tra 2-5 nucleotidi, per una lunghezza totale di 100-200 bp.

   Un esempio è  l'STR DYS393 con un motivo di ripetizione AGAT e l'STR DYS438 con un motivo ripetuto TTTTC. Un altro esempio è dato nell'immagine a fianco:




La variabilità degli alleli STRs e VNTRs è dovuta al numero di ripetizioni con le quali l'unità di base si ripete all'interno della sequenza in esame.


 
  • Un altro marcatore multi-allelico usato nello studio dell'ereditarietà sono i Minisatelliti presenti in numero di due sul Cromosoma Y(Kaiser et al, 2004) che si compne di sequenze nucleotidiche della lunghezza che va da 10 a 60 paia di basi, un esempio è
CACAATATACATGATGTATATTATA (tipo 1)
 che entrambi si ripetono più volte in tandem (Gusmao et al. 2005).


Tassi di Mutazione
A causa degli elevati tassi di mutazione per i minisatelliti in media del 6-11% per generazione mentre si stima che il tasso di mutazionedegli alleli STRs presenti sul cromosoma Y sia mediamente dello 0,21% per generazione (de Knijff et al., 1997), vengono per questo considerati dei polimorfismi ad evoluzione veloce.
Le mutazioni puntiformi (SNPs) vengono definite ad evoluzione lenta e si stima abbiano un tasso di 3,0*10-8 di mutazioni nucleotidiche per generazione (Xue et al.2009).
 
Marcatori Multi-Allelici (VNTRs e STRs)

I polimorfismi più comunemente usati negli studi evolutivi sono I marcatori bi-alellici e i microsatelliti che risultano essere particolarmente funzionali nell'analisi di diversi periodi evolutivi in quanto presentano differenti tassi di mutazione.
I marcatori bi-alellici per il loro basso tasso di mutazione permettono di suddividere un gruppo di cromosomi in aplogruppi, mentre, I marcatori multiallelici, come i microsatelliti, possono essere usati per definire gli aplotipi dentro gli aplogruppi, indicando una maggiore diversità.


  

L'STR più ampiamente analizzato negli studi di genetica di popolazione è il marcatore ipervariabile Y-specifico DYS19, caratterizzato per il momento da 10 alleli di lunghezza che vanno da 174 bp a 210 bp e costituito da un motivo tetranucleotidico ripetuto (GATA) localizzato sul braccio corto Yp del Cromosoma Y (Quintana-Murch et al., 1999). La percentuale più alta di loci Y-STR si trova all'interno del braccio lungo del Cromosoma Y, di cui 25.3% in Yq11.221, 16,6% a Yq11.222 e 18,4% a Yq11.223 (Hanson et al. 2006). All'interno del braccio corto del Cromosoma Y c'è il restante 22,1% che si trovano in posizione Yp11.2, mentre all'interno del segmento centromerico vi sono tre loci, DYS716 e DYS707 a Yp11.1 e DYS631 a Yq11.1 (Hanson et al., 2006). Le dimensioni di ciascun locus di ripetizione STR vengono mostrati nella figura di sopra (Hanson et al. 2006).



Nomenclatura degli STR

Generalmente se il marcatore STRs è parte di un gene, il nome del gene stesso è usato per la designazione del l'STRs (TH01, localizzato all'interno del 1° introne (01) del gene codificante per la Tyrosine Hydroxylase: tirosina idrossilasi), mentre se il marcatore si trova al di fuori del gene, esso viene designato in base alla posizione cromosomica, es. D16S539, nel quale D significa DNA, 16 è il numero del cromosoma sul quale è localizzato l'STRs, mentre S seguito da un numero indica la regione cromosomica 539: 539mo locus descritto sul cromosoma16.

Un altro esempio di DNA intergenico è dato da D5S818:

D = DNA

5 = Cromosoma 5

S = singola coppia nel genoma

818 = 818 818mo locus descritto sul cromosoma 5


 I Marcatori Bi-allelici Y-SNPs

I marcatori bi-allelici sono i più abbondanti polimorfismi che includono un gran numero di SNP e l'elemento di inserzione ALU YAP-DYS287 (Underhill er al. 1996). Gli SNP sono polimorfismi a singolo nucleotide per cui un nucleotide specifico subisce un cambiamento nella copia di base attraverso la sostituzione, la transione o trasversione.
Il minisatellite MYS1 è altamente polimorfico ed ha un altissima variabilità strutturale osservata utilizzando il metodo MVR-PCR con una eterozigosità virtuale del 99,9% (Gusmao et al. 1999). Contiene una ricca sequenza ripetuta dei due nucleotidi AT. Con gli alti tassi di mutazione e le difficoltà incontrate nella tipizzazione dei campioni degradati, fornisce ancora un ottima fonte nell'investigazione per gli studi di popolazione.
Il MYS2 (DYS440), è il minisatellite più lungo che contiene da 99 bp a 110 bp di sequenze ripetute, la sequenza di 99 bp ha un contenuto di GC del 45% con una dimensione della matrice di 3 a 4 unità che si trova a meno di 1 Kb dal gene DBY (Lahn and Page, 1997 Science) e mostra tassi di mutazione sufficientemente bassi e livelli rilevabili di variazione in molti lignaggi (Bao et al., 2000). Le unità contengono ciascuna una breve sequenza palindroma CCTAGG e duplicata in più per CCTAGGCCTAGG (BAO et al., 2000).
Gli SNP si sono dimostrati essere potenzialmente utili nella costruzione di Aplogruppi per le indagini nella popolazione e negli studi evolutivi; comunque, è indispensabile che gli SNP più appropriati siano meticolosamente selezionati ai fini di genetica forense dagli altri differentu SNPs che possono eventualmente definire lo stesso aplogruppo (Sanchez et al., 2004).
Due SNP altamente polimorfici comunemente usati e di potenziale interesse sono i loci Y-specifici P25 e 92R7 ampiamente usati negli studi della popolazione europea, si cui entrambi rappresentano importanti punti di ramificazione sull'albero degli aplogruppi e che sono stati studiati recentemente da Sanchez et al. (2004).  Gli studi di Sanchez JJ. hanno dimostatrato che in realtà non sono un unico come inizialemte pensato, che sono delle varianti di sequenza paralogous, PSVs che hanno avuto origine da duplicazioni segmentali con almeno una delle varianti polimorfiche essendo all'interno di ciascun gruppo di loci (Sanchez et al., 2004).

I Polimorfismi Alu
I Polimorfismi Alu sono un esempio di sequenze intersperse di DNA , sparse un pò per tutto il genoma in maniera casuale. Le sequenze intersperse si distinguono in SINEs (Short Interspersed Elements, lunghe 100-300 bp) e le LINEs (Long Interspersed Elements, lunghe 6-8 Kbp), entrambi trasposoni non virali.
Le Sequenze Alu dal punto di vista genetico corrisponde alla sequenza di nucleotidi che codifica per la particella SRP, un ribonucleotide coinvolto nel trasporto cellulare delle proteine. Questo gene nel corso dell'evoluzione è stato duplicato tantissime volte all'interno del nosto genoma (anche nel Cromosoma Y). Le sequenze Alu si riscontrano quasi esclusivamente nei primati anche se il ribosoma 7s sia praticamente presente in ogni forma di esseri viventi. 7.000 inserzioni Alu sono tipiche degli uomini.
La maggior parte di queste copie non sono funzionali, molte sono tronche o piene di mutazioni.
Il processo di duplicazione spesso è impreciso ed essendo sequenze simili spesso favoriscono fenomeni di crossing over. I principali fenomeni di variazioni nella lunghezza degli alleli sono creati da mutazioni per via di inserzioni o delezioni in genere di un nucleotide (1 bp) del Dna. Un tipico inserimento che si è dimostrato essere particolarmente utile in particolari studi di gruppi di aplotipi all'interno delle popolazioni è il polimorfismo Y Alu (YAP), che è stato anche il primo marcatore bi-allelico del Cromosoma Y ad esser stato scoperto (Hammer et al. 1994).
Le sequenze Alu prendono questo nome dal fatto che nel processo di taglio da parte degli enzimi di restrizione queste sequenze vengono riconosciute come sito di taglio dall' endonucleasi Alu., il nome dell'enzima deriva dall'Arthrobacter luteus, l'organismo da cui è stato isolato originariamente. 
Le sequenze Alu consistono generalmente di circa 300 bp, di cui mezzo milione di coppie sono state inserite in regioni specifiche sul cromosoma Y (Hammer et al. 1994). Uno dei polimorfismi Y Alu più comunemente usati e stabili è il DYS287 la cui presenza è indicata dalla presenza o assenza di un elemento Alu di 303 bp sul braccio lungo del Cromosoma Y (Quintana-Murch et al. 1999).

La seguente sequenza di DNA  che codifica per i 299 nucleotidi dell'RNA 7SL :
GccgggcgcggtggcgcgtgcctgtagtcccagctactcgggaggggagagaggcgcgctgctcgctcgcctutctctgataaattuctgAGGCTGgaGGATCGcttgAGTCCAggAGTTCTgggctgtagtgcgctatgccgatcgggtgtccgcactaagttcggcatcaatatggtgacctcccgggagcgggggaccaccaggttgcctaaggaggggtgaaccggcccaggtcggaaacggagcaggtcaaaactcccgtgctgatcagtagtgggatcgcgcctgtgaatagccactgcactccagcctgggcaacatagcgagaccccgtctct

La sequenza evidenziata è il sito di taglio riconosciuto dall'enzima di restrizione.

Amelogenina
Il gene AMELY (amelogenina) presente sul Cromosoma Y e il suo omologo sul Cromosoma X, il gene AMELX, sono entrambi unici,     
coinvolti nella fase dell'ontogenesi (l'amelogenesi) durante la quale gli ameloblasti formano lo smalto dei denti e nella dentinogenesi processo della formazione della dentina durante lo sviluppo umano (Butler, 2005).
La determinazione del sesso non è solo uno strumento utile, ma di estrema necessità nelle indagini forensi in particolare nei casi di violenza sessuale, macchie di sangue datate e resti scheletrici umani per I quali metodi precisi e affidabili di indagine sono della massima importanza (Butler, 2005).

 Gli Aplogruppi del Cromosoma Y

La scelta dello studio dei marcatori SNPs e STRs del Cromosoma Y per la mappatura genetica, nelle analisi forensi e per lo studio della dispersione delle popolazione durante la storia dell'uomo è caduta sul cromosoma Y per la caratteristica peculiare di questo cromosoma che essendo a trasmissione uniparentale e presente in singola copia all'interno del cariotipo maschile presenta mancanza di ricombinazione e una frequenza estremamente bassa di retromutazione. Questi fattori messi insieme hanno permesso di costruire un albero filogenetico estremamente preciso e con una bassa ambiguità di interpretazione rispetto a quello ottenuto tramite l’mtDNA.
La regione non ricombinante del cromosoma Y (NRY) ha oggi la maggior risoluzione aplotipica per ogni locus di qualsiasi altro
sistema  del  genoma,  e  sono  stati  riconosciuti  e  raccolti  in  una  dettagliata  filogenesi  153 aplogruppi, definiti da marcatori biallelici.

Queste caratteristiche permettono di osservare dopo l'analisi di questi STRs la generazione, per ogni marcatore, di un genotipo costituito da un singolo allele ad eccezione dei marcatori DYS385a/b e DYS389I e DYS389II.
Nel primo caso il marcatore è presente in due regioni distinte del cromosoma Y, la cui amplificazione da una singola coppia di primers produce due differenti amplificati (quindi due alleli differenti). L'allele di dimensione minore è chiamato a, quello di dimensione maggiore "b".
Mentre nel caso dei marcatori DYS389I e DYS389II i due alleli non identificano due regioni completamente distinte, ma sono uno parte dell'altro: In particolare il primer forward è complementare a due distinte regioni localizzate vicine, mentre il primer reverse riconosce solo una regione. Da ciò si ha che sempre a partire da una singola coppia di primers verrano generati due alleli.

Un  aplotipo (dal greco haplòos che significa "singolo", "semplice") è  la  combinazione  di  varianti alleliche  di  un  set  di marcatori polimorfici che si trovano fisicamente su un  cromosoma  o un segmento  cromosomico con loci in linkage disequilibrium, cioè strettamente associati tra loro.  Questi alleli si presentano associati in aplotipi grazie alla mancanza di ricombinazione fenomeno che permette loro di venir ereditati in modalità uniparentale, paterna in questo caso, materna nel caso degli aplotipi del mtDNA.
L'aplogruppo rappresenta un insieme di aplotipi (combinazioni di marcatori) di cui si ipotizza un origine come, grazie alla condivisione di mutazioni caratteristiche (generalmente ad evoluzione lenta). Per  il  cromosoma  Y,  l’aplotipo  è  costituito  dalla  somma  della variabilità  di  polimorfismi microsatelliti  (STRs).


  
L’aplogruppo  si  definisce  sulla  base  della  condivisione  di mutazioni specifiche per marcatori biallelici (SNPs) e non per i microsatelliti, poiché hanno un tasso di mutazione troppo alto (fig. 5).
 
Negli ultimi decenni è andato sempre più crescendo il numero dei marcatori biallelici scoperti che  ha  portato  al  nascere  di  almeno  sette  diverse  nomenclature.  Questo  ha  recato  notevoli

disagi  nel  confronto  dei  risultati  delle  varie  pubblicazioni,  tanto  che,  nel  2002,  l’Y Chromosome  Consortium  (YCC)  ha  pubblicato  un  albero  filogenetico  del  cromosoma  Y costruito  tramite l’analisi  di  marcatori  (SNPs),  genotipizzati  in  un  set  di campioni

rappresentativo di tutte le popolazioni. Ed ha stabilito un sistema per denominare I 18 aplogruppi (clades) principali del Y-DNA basato sulle lettere da A a T, con ulteriori divisioni usando numeri e lettere in pedice.



È stato messo a punto un semplice insieme di regole per etichettare in maniera non ambigua I diversi clades localizzati all'interno di questo albero.



Viene considerato cromosoma Y ancestrale ("di Adamo") quello appartenuto a un maschio teorico che rappresenta il più recente progenitore comune (MRCA Most Recent Common Ancestor) di tutti i maschi attuali lungo la linea patrilineare, visto che il cromosoma Y è unicamente trasmesso dal padre ai figli maschi. La stima di quando questo individuo teorico sia vissuto varia a seconda degli studi. Anche se in linea generale si ipotizza che sia vissuto in Africa circa 70.000 anni fa. Partendo da questo punto si può datare la comparsa di tutte le successive mutazioni e di conseguenza degli aplogruppi che oggi caratterizzano la popolazione umana.

L'aplogruppo più antico è l'Aplogruppo A ed è localizzato prevalentemente nell'Africa Sub-Sahariana, che si pensa possa essere stata la culla dell'uomo anatomicamente moderno. Da questo aplogruppo poi sono derivati tutti gli altri diffondendosi per il mondo attraverso le migrazioni avvenute durante il corso della storia umana.

Si pensa che la linea evolutiva caratterizzata dalla mutazione M89 si sia originata in Africa Orientale, a partire dalla linea originale M168 dell'Adamo Eurasiatico, circa 45.000 anni fa. Essa si sarebbe diffuda dall'Africa (passando per lo Stretto di Bab El Mandeb) verso l'Asia Occidentale , e da qui si sarebbe espansa dapprima in Medio Oriente e poi verso nord ed est circa 40.000 anni fa, fino a colonizzare gran parte del continente (Underhill et al. 2001).  
 A partire da M89 si sono in seguito differenziate ulteriori linee caratterizzate ognuna da particolari polimorfismi. Due di tali linee, M170 e M173, sembrano essere state presenti in Europa sin dal Paleolitico (Semino et al., 2000).
Di queste, M170 sembra essere una linea tipicamente europea, in quanto assente al di fuori del continente (Bosch et al., 2001). Lungo questa linea si trova la mutazione M26 che è caratteristica della Sardegna dove si trova con una frequenza di circa il 37% (Ghiani et al., 2009; Contu et al., 2008; Francalacci et al., 2003; Semino et al.; 2000; Passarino et al., 2001).
 
  1. Applicazioni Forensi.



3.1 Violenza Sessuale.

I polimorfismi Y-specifici, in modo particolare STRs hanno dimostrato di essere uno strumento discriminante particolarmente utile nelle indagini forensi nella rilevazione della frazione maschile del DNA e con la generazione di profili genetici ottenuti da macchie di fluidi corporei misti recuperati da casi di violenza sessuale in cui sono coinvolti soggetti maschili sospetti compresi quelli che sono azoospermici, come nelle aggressioni maschio/femmina e nelle aggressioni sessuali tra maschio/maschioe e nella determinazione del numero di donatori maschili associati a stupri di gruppo (Hanson et al. 2006). 

 
3.2 Test di Paternità

Il modello di ereditarietà lungo la linea maschile rende I polimorfismi Y-STR adatti per il test di paternità in caso di discendenza maschile, o nei casi di carenza in particolare quando il padre si ipotizzi morto, è possibile ottenere l'accesso alla sua completa informazione sull'Y-cromosoma usando il DNA proveniente da qualsiasi parente maschio nella discendenza patrilineare.

Un aspetto importante da tenere in considerazione durante il test di paternità e nell'analisi forense è l'accurata interpretazione dei profili genetici tenendo in considerazione la percentuale I tassi di probabilità percentuali di potenziali mutazioni STR che potrebbe escludere o includere la paternità biologica di un padre putativo (Kayser et al. 2001).

 Come risultato di questa e precedenti raccomandazioni di indagini sono state fatte  per la Società Internazionale di Genetica Forense, il ISFG per ridefinire I criteri dei test di paternalità per capire che l'esclusione della paternità dovrebbe essere basata sulla possibilità di mutazioni che si verificano in tre loci quando un minimo di nove loci STR vengono analizzati (Kayser et al., 2001).



3.3 Inferenza di Origine Geografica Storica e Ricerca Genealogica

Le indagini sulla popolazione basate basate sugli aplotipi tra cui I loci bia-allelici, I loci STR e il minisatellite MSY1 sembrano essere la migliore strategia sembrano essere la migliore strategia per l'utilizzo negli studi di genetica ed evolutivi di una popolazione. Alberi genetici basati su strategie a rete mediana includendo tutti i marcatori che permettono una migliore analisi delle popolazioni nonchè una maggiore informazione negli studi evolutivi. (Gusmao et al., 1999).

Nuove opportunità sono sorte grazie all'individuazione di molte centinaia di validi e affidabili Y-polimorfismi binari compatibili con la PCR che forniscono nuove aree per l'analisi del DNA specifico di sesso maschile all'interno di una vasta diversità di popolazoni e sub-popolazioni che possono fornire la prova di discendenza biogeografica (Underhill et al., 2001; Ali et al., 2003).

L'Y-SNP per l'assenza di ricombinazione, per i tassi estremamente bassi di mutazione e l'ereditarietà paterna rappresenta uno strumento prezioso che è relativamente adatto per l'identificazione di linee paterne stabili e l'esplorazione dell'evoluzione umana (Onofri et al. 2005). Una serie di sei gerarchie multiples (figura seguente) è stata sviluppata da Onofri et al, che sono localizzate nei rami basali e più profonda dell'albero filogenetico per esplorare i principali cladi  AR e i sublcadi consentendo di discriminare gli aplogruppi che appartengono a continenti specifici (Onofri V et al., 2005).



Figura 3.3.1 elettroferogrammi e cladogrammi dei sei multiplex gerarchiche Y-SNP (Onofri et al 2005


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