Processi di Fossilizzazione 2 : Il Seppelimento

Seppellimento


Il fattore sedimentazione, ed in particolare la granulometria dei sedimenti e la velocità di sedimentazione, influenza in modo determinante il processo di fossilizzazione. In generale tutti i resti degli organismi (organici e organogeni) presentano un miglior grado di conservazione nei sedimenti fini piuttosto che in quelli grossolani.
Un rapido seppellimento costituisce una premessa indispensabile per la fossilizzazione; ne deriva che un tasso di sedimentazione elevato costituisce una condizione favorevole per il processo di fossilizzazione della diversità tassonomica delle biocenosi è rappresentata da ambienti caratterizzati  da apporti sedimentari repentini e catastrofici in grado di soffocare e seppellire in vita definitivamente la maggior parte degli organismi.

Seppellimento in detriti minerali.

È il caso più frequente e diffuso dato che in natura la quasi totalità dei sedimenti da detriti minerali siano essi prodotti dall’erosione delle aree emerse (ghiaie, sabbie e peliti), dalla triturazione meccanica o dalla macerazione di gusci di organismi pelagici o, eccezionalmente, da precipitati chimici provocati da organismi o più raramente di origine inorganica.
I resti organici hanno una diversa potenzialità di conservazione nei diversi tipi di sedimenti soprattutto in funzione della diversa granulometria.
Nei materiali grossolani angolosi i resti di un organismo sepolti in questi detriti, che hanno sempre una elevata permeabilità, hanno scarsa probabilità di essere preservati. Un caso particolare è rappresentato dalle brecce ossifere nelle grotte ove le concrezioni calcaree o gessose possono cementare rapidamente i detriti e proteggere le ossa.
Gli ambienti ad alta energia dove si sedimentano le ghiaie non sono favorevoli alla conservazione dei resti scheletrici. L’arrotondamento degli elementi è conseguenza degli urti reciproci provocati dall’acqua in movimento e questi stessi urti distruggono rapidamente anche le ossa o i gusci più robusti. In conclusione si tratta di ambienti poco favorevoli allo sviluppo della vita ed alla conservazione dei reperti fossili.
In ambiente subareo i resti degli organismi, anche dopo che sono stati sepolti, hanno molte probabilità di venire intensamente ossidati o disciolti da acque acide e ben ossigenate che permeano questi sedimenti,. Maggiori probabilità di conservazione hanno invece i resti sepolti in ambiente marino.
Le peliti (silt, argilla, e fanghi calcarei) sono i sedimenti più diffusi in natura e si prestano molto bene alla conservazione dei resti degli organismi. Infatti, negli ambienti pelitici i processi di logorio meccanico, selezionatura e disarticolazione sono insignificanti in relazione al basso livello idrodinamico. Inoltre, dopo il seppellimento, durante la diagenesi, la scarsa permeabilità impedisce la circolazione dei fluidi o la limita enormemente riducendo la possibilità di dissoluzione dei resti organogeni.
Spesso, negli ambienti pelitici è molto importante la componente organica che deriva dall’accumulo di detriti vegetali e animali. In assenza di ossigeno, il materiale organico è soggetto solo a fermentazioni anaerobiche che arricchiscono la materia organica in carbone e danno origine a idrocarburi. Questi ambienti, quando la velocità di sedimentazione è sufficientemente elevata, sono particolarmente favorevoli non solo per la conservazione delle parti scheletriche ma anche per la fossilizzazione della, materia organica.
Occorre sottolineare che ai fini della fossilizzazione non è tanto importante un costante ed elevato tasso di sedimentazione ma il verificarsi di eventi deposizionali significativi, anche se sporadici, che di per se stesi possono portare al seppellimento ed alla “protezione” definitiva dei resti. Per es., il fatto che in un certo bacino si depositi una torbiditi spessa 1 metro ogni 10000 anni equivale di 1 mm al decennio. Un millimetro di sedimento non proteggerebbe di certo un guscio adagiato sul fondo dalle possibili azioni che tendono a distruggere nel corso di dieci anni; un metro di sedimento deposto in pochissime ore costituisce invece una protezione definitiva dai processi biostratinomici, compresa l’azione di limivori e fissatori che agiscono nei primi decimetri di sedimento.
Effetto analogo ad una torbidite può avere, in ambiente sottomarino, una colata di fango piroclastico o una tempestite e, in ambiente subaereo, una coltre cineritica o una colata di fango collegate ad una eruzione vulcanica.
Nelle piroclastici subaeree possono conservarsi, a seconda delle condizioni diagenetiche, le sole oppure le impronte dell’intero corpo di animali e persone, come è avvenuto per le vittime della famosa eruzione del Vesuvio.

Strutture Biogeopete

 Se le cavità interne di una conchiglia sepolta nel fango presentano aperture di limitata ampiezza, è improbabile che vengano completamente riempite dal sedimento grazie alla modesta energia meccanica che caratterizza l’ambiente. In queste condizioni il sedimento si dispone nelle parti basse delle cavità lasciando libere le parti alte che vengono riempite dai fluidi che circolano nel sedimento. Col procedere della diagenesi, da questi fluidi possono precipitare quarzo, calcite o altri minerali che vengono a tappezzare le pareti di queste cavità trasformandole in geodi o riempiendole del tutto con una o più generazioni di cristalli.
Nei nautiloidi del Siluriano della Sardegna, per es., dopo il riempimento parziale delle camere ad opera del sedimento, l’obliterazione completa delle cavità residue si realizza ad opera di un’unica generazione di calcite. L’insieme dei riempimenti (sedimento + cristalli) assume quindi una ben precisa polarità e viene a costituire una struttura che si può definire biogeopeta. I riempimenti biogeopeti possono essere utilizzati come vere e proprie livelle naturali per stabilire la reale posizione di vita o l’originale posizione di seppellimento di un organismo estinto o per ricostruire l’originale inclinazione di paleopendii o per determinare se un pacco di strati sia diritto o rovesciato.
Talvolta nello steso strato vi possono essere fossili le cui strutture geodete sono orientate casualmente. La spiegazione più semplice è che essi siano stati rielaborati dopo la formazione della struttura biogeopeta. Le strutture biogeopeta possono quindi rivelare fenomeni di rielaborazione dei fossili.




Nessun commento:

Posta un commento