lunedì 18 aprile 2011

Tossine Batteriche

I batteri sono produttori di tossine, queste possono essere libere o proprie della parete cellulare del batterio. E' quindi bene fare una chiara distinzione tra endotossine ed esotossine.
Le esotossine sono proteine prodotte dai batteri e rilasciate nell'ambiente circostante, ma alcune volte sono anche legate alla superficie batterica e liberate solo in seguito alla lisi della cellula batterica.
Le endotossine, invece, sono componenti strutturali della membrana cellulare esterna del batterio, in genere di natura lipopolissacaridica. In genere si ritrovano sui batteri Gram (-) e funzionano da tossine solo in particolari casi.
Le funzioni delle tossine non sono strettamente correlate alla crescita del batterio ma in diversi casi esse diventano essenziali per la sua sopravvivenza e disseminzione. La loro relativa importanza per la sopravvivenza della cellula batterica sembrerebbe spiegare il motivo per cui i geni per la loro codificazione in genere si trovano sul dna plasmidico o in batteriofagi temperati. (esempi di tossine sintetizzate da batteriofagi sono quelle della difterite, del botulismo e della scarlattina.).
Tossine sintetizzate da plasmidi sono quelle che causano la diarrea in alcuni ceppi di Escherichia coli e in alcuni stafilococchi che causano la dermatite esfoliativa del neonato.
Il problema che risulta dal fatto che questi geni si trovano su porzioni di DNA mobili e che questi plasmidi posson trasferirsi su ceppi o specie di batteri non tossigenici.
Le tossine presentano un ruolo fondamentale in alcuni casi come quando le sostanze nutritizie scarseggiano. Ad esempio, grandi quantità di tossina difterica viene prodotta quando i bacilli della difterite non dispongono più di ferro. Facendo in modo che il ferro si liberi dai tessuti distrutti e renderlo utilizzabile dal batterio.
Anche i batteri che entrano in sporulazione sono caratterizzati dalla produzione di tossine. Quando vanno in processo di sporulazione i batteri lisano la propria cellula liberando le tossine racchiuse all'interno della propria cellula. Un esempio di questo tipo di batteri patogeni sporulanti è dato dal genere Clostridium che causano il botulismo, la gangrena gassosa e il tetano.
Le tossine batteriche funzionano in qunatità estremamente basse e costituiscono i veleni più potenti conosciuti. Un 1g. di tossina tetanica, botulinica, o di Shigella basta per uccidere 10 milioni di persone.
Ma è anche vero che le tossine aiutano i batteri a crescere nei tessuti e a diffondersi. Alcuni streptococchi secernono, ad es., una Ialuronidasi che decompone l'acido ialuronico del tessuto connettivo. Inoltre secernono una DNAsi che diluisce il pus reso denso dal DNA rilasciato dai leucociti morti.

sabato 16 aprile 2011

Test Elisa: metodo diretto (a Sandwich) e indiretto


Molti dei metodi di diagnosi richiedono che si coltivi il patogeno e che poi si analizzi lo spettro delle proprietà fisiologiche che ne consentano l'identificazione. I saggi di questo tipo sono molto efficienti però risultano spesso essere costosi e lenti. Così quando è possibile si preferisce utilizzare i procedimenti diagnostici di tipo immunologico che risultano essere sensibili, specifici e semplici.
Vi sono tuttavia, come in tutte le metodiche, alcuni limiti. Se il bersaglio è una proteina, l'impiego degli anticorpi esige che siano espressi i geni che esprimono la proteina-bersaglio e che il bersaglio non sia mascherato o bloccato in alcun modo in modo tale che il legame dell'anticorpo non sia ostacolato.
Un'altra limitazione che deriva dall'uso dei saggi immunologici è che essi non distinguono tra infezioni attuali o pregresse, in quanto mirano solamente a rivelare gli anticorpi del patogeno nel sangue degli individui colpiti.
A parte questo i saggi immunologici come quelli ELISA sono ampiamente utilizzati per la loro facilità d'utilizzo e rapidità d'uso.

Saggio E.L.I.S.A ( Enzyme-Linked Immunoabsorbent Assay)

Il saggio dell'immunoadsorbente legato all'enzima è un saggio che viene usato per stabilire se nel campione è presente l'antigene (saggio diretto) o l' anticorpo specifico contro un antigene (saggio indiretto).
Nel metodo diretto o a Sandwich si ricerca la presenza dell'antigene nel campione biologico. Il metodo può venir schematizzato idealmente in tre fasi:
1) Si fissa sul substrato, che può essere il PVC o nitrato di cellulosa della multiwell a 96 pozzetti per i campioni, un anticorpo monoclonale specifico per l'antigene che vogliamo ricercare.
2) A questo punto si inserisce, in forma sierica, il campione biologico del quale vogliamo verificare la presenza o meno dell'antigene. 
Dopo una o due ore se l'anticorpo ha trovato il suo epitopo specifico lo lega a se formando il complesso anticorpo-antigene. Ora si può lavare il tutto abbondantemente per rimuovere l'antigene non legato.
3) Quindi ora nei nostri pozzetti abbiamo il complesso antigene-anticorpo che però risulta invisibile ad occhio nudo o all'uso dello spettrofotometro. Fatto questo il passaggio successivo da fare è quello di renderli visibili. Questo lo si ottiene aggiungendo un anticorpo monoclonale marcato (o anticorpo secondario) che si fissa in modo specifico al sistema primo anticorpo monoclonale- antigene. Il marcatore è molto spesso la perossidasi di rafano, ma vengono anche usate la fosfatasi alcalina e l'ureasi. Ora si procede con il lavaggio che porta via gli anticorpi marcati non legati. 
Nei nostri pozzetti, ora, aggiungiamo un substrato incolore che viri di colore per opera dell'enzima marcatore. Questo ci permette di vedere il nostro complesso ad occhio nudo oppure al microscopio ottico o con lo spettrofotometro.

E' logico che se il primo anticorpo non ha legato l'antigene quest'ultimo sarà stato eliminato con il primo lavaggio. Di conseguenza il secondo anticorpo coniugato con l'enzima non avrà nulla su cui legarsi e verrà eliminato con il secondo lavaggio, con il risultato che una volta aggiunto anche il substrato incolore, la miscela rimarra incolore.

Metodo Indiretto

Nel metodo indiretto si valuta la presenza dell'anticorpo contro un antigene all'interno del siero del nostro campione. Anche questo metodo può venir schematizzato in tre fasi.
1) Si procede con il fissare il campione sul PVC o su nitrato di cellulosa.
2) Si inserisce, poi, la soluzione di anticorpi monoclonali  noti per reagire contro il campione contenente l'antigene da identificare. Si lava abbondantemente per eliminare gli anticorpi non legati.
3) Anche nella terza fase del metodo, come nel metodo diretto, si inserisce un anticorpo marcato con un enzima (perossidasi, ureasi o fosfatasi alcalina).
Ora possiamo aggiungere il liquido incolore che per opera dell'enzima virerà di colore. Se il complesso non si è formato, per mancanza del legame tra antigene e anticorpo, allora i pozzetti rimarranno incolori.

venerdì 15 aprile 2011

Apicomplexa

Il Phylum Apicomplexa comprende circa 4600 specie di protozoi tutti quanti parassiti sia esocellulari che endocellulari dell'uomo, degli animali domestici e dei pesci.
Non hanno ciglia, flagelli o pseudopodi e vivono dentro o tra le cellule dei loro ospiti veterbrati o invertebrati. Questi protozoi hanno stadi simili a spore nei loro cicli vitali. Da qui deriva il nome con cui in passato venivano chiamati Sporozoa
Questi Protozoi sono chiamati oggi Apicomplexa per la presenza di un complesso apicale che è un complesso di organelli filamentosi, tubulari, disposto ad anello nell'estremità apicale che è visibile solo col microscopio elettronico.
Essendo tutti quanti dei parassiti necessitano di una struttura che permetta loro di penetrare nella cellula in cui dovranno svolgere il loro ciclo vitale senza però lederla.
Tale struttura è il Complesso Apicale costitutito da un conoide che permette la penetrazione nella cellula ospite. Il conoide è una struttura rigida costituita da microtubuli avvolti a spirale; sono presenti 2 anelli apicali: posteriore e anteriore che gli danno la forma tronco-conica.Internamente esistono dei tubuli che terminano in piccole vescicole le Rhoptrie (il loro numero viene usato come carattere tassonomico) che confluiscono nell'apertura del conoide. Infatti le rhotrie contengono al loro interno degli enzimi litici che aiutano meccanicamnete la penetrazione nella cellula da parassitare.
Ma prima della penetrazione il parassita deve riconosce la cellula giusta da parassitare, questo poi si avvicina e infine si oseerva ala penetrazione. Il meccanismo della penetrazione è simile ad una fagocitosi solo che in questo caso c'è una scelta del parassita verso la cellula da parassitare. Una volta dentro, il protozoo forma il vacuolo parassitario che avendo la stessa costituzione di un vacuolo digestivo, il protozoo al suo interno è difeso da ogni attacco da parte della cellula. Questo vacuolo è solo una struttura iniziale; infatti, la sua parete verrà distrutta per consentire al parassita di muoversi liberamente dentro la cellula parasitata e per potersi nutrire, accrescersi e riprodursi attraverso il proprio ciclo vitale.
Gli Apicomplexa sono accomunati anche dal fatto che il loro ciclo vitale si compone di una fase asessuale e una sessuale. Questo ciclo si divide in 3 fasi.
Una prima Fase Infettante. In questa fase il protozoo (nella forma di sporocista) è detto Sporozoite. Come visto prima, il protozoo una volta penetrato nella cellula bersaglio, fuoriesce dal vacuolo parassitario e si nutre per accrescersi in maniera diversa a seconda di dove penetra; diventa, ora, Trofozoite (cambia solo il nome ma la sua struttura è uguale a quella adulta).
Ha il corpo suddiviso in setti: la parte apicale viene detta epimerite: ha forma ad anello costituito da uncini, ventose o comunque organelli che permettono al protozoo di stare attaccato all'organo che viene parassitato. Poi c'è il protomerite, e infine il deutomerite che è la parte che contiene il nucleo.
Dopo essersi nutrito il Trofozoite dà orgine alla seconda fase, la Fase Schizonte nella quale si riproduce asessualmente per scissione multipla (Schizogamia) dando origine a individui detti Merozoiti (il numero dipende dal genere e dalla specie). Ognuno dei quali può dare inizio a molti altri cicli di divisioni schizogoniche.
Ogni merozoite è dotato del Complesso Apicale. In seguito i merozoiti fuoriescono dalla cellula nella quale si sono introdotti e liberi penetrano attivamente grazie al complesso apicale in nuove cellule, propagando l'infezione.
Ad un certo punto questi merozoiti evolveranno in cellule gametiche ed ha così inizio la terza fase, nota come Fase Gamogonica. Si tratta della fase sessuata del ciclo in cui si avrà la produzione di microgamenti flagellati (che sono la forma sessuata maschile). Di seguito, i microgameti andranno a fecondare i macrogamenti con la formazione di una cellula zigotica mobile. Lo zigote così formato, va in meiosi e diviene diploide (2n). Lo zigote 2n si incista, cioè si ricopre di una parete (che in alcuni casi è doppia) dando origine alla forma a oocisti. Poi per divisione mitotica si formano diverse sporocisti. In seguito, all'interno della sporocisti si ha per divisioni mitotiche la formazione di sporozoiti (il numero degli sporozoiti all'interno della oocisti sono caratteristici delle diverse specie) .
Questa fase sporogonica avviene all'esterno, mentre la fase schizogonica e gamogonica sono localizzate all'interno dell'ospite.
Questo appena descritto era il ciclo generale di un coccidia. Ma esistono specie in cui non si ha la formazione di spore (come nel Piroplasmea) e organismi (come il Plasmodium) in cui pur essendo un cocide la sporogonia avviene all'interno dell'ospite invertebrato, l'Anopheles.
Il Phylum Apicomplexa si divide in due classi: Sporozoa e Gregarina.

giovedì 14 aprile 2011

Leishmania

Il genere Leishmania comprende tre specie (L. infantum donovani; L. tropica; L. chagasi, L. braziliensis) morfologicamente simili tra di loro, ma differenti per caratteristiche colturali e sierologiche, per la malattia provocata negli ospiti, per la distribuzione geografica e per i vettori.
Solo le prime due specie sono presenti in Italia.
Le Leishmania sono dei parassiti protozoari intracellulari dei macrofagi e delle cellule dendritiche del cane e dell'uomo e di numerosi animali selvatici. Le leshamie sono causa di zoonosi, nell'uomo danno una forma viscerale nota come "kala-azar".
Il vettore della leishmaniosi è il Phlebotomus papatasi comunemente noto come flebotomo o pappatacio, un dittero del genere Phlebotomus. Nel Nuovo Mondo, invece, il vettore appartiene al genere Lutzomyia. 
Phlebotomus papatasi
Una volta all'interno del mammifero i protozoi si moltiplicano dentro le cellule della linea monocita/macrofagica. Una volta che avviene la rottura delle cellule gli amastigoti liberati invadono altri macrofagi. Dentro il macrofago, questi protozoi appaiono  come organismi rotondeggianti od ovoidali con il cinetoplasto a forma di bastoncello situato a fianco del nucleo. La leishmania intracellulare, misura dai 2 ai 5 micrometri e possiede un abbozzo di flagello che non si estende oltre il margine cellulare. Questa forma amastigote viene ingerita dal flebotomo durante il pasto di sangue. Nell'intestino del dittero il protozoo si trasforma in promastigote caratterizzato dalla presenza di un lungo flagello libero che fuoriesce dall'estremità anteriore del parassita. Le dimensioni di questa forma può raggiungere anche i 15 micrometri. Questi si dividono ripetutamente e poi grazie al loro flagello si muovono in senso anteriore e raggiungono la faringe del flebotomo e poi giù nella proboscide. Qui i promastigoti attendono fino al nuovo pasto dell'insetto per passare nel circolo sanguigno dell'ospite vertebrato. I promastigoti , una volta  nel circolo isanguigno del  vertebrato, innescano una risposta da parte dei macrofagi e dei monociti e vengono da essi fagocitati. Questa adesione viene facilitata da diverse molecole che si trovano sulla superficie del promastigote come il lipofosfoglicano (LPG) e la glicoproteina GP63 e dall'interazione fra il parassita e i recettori specifici sulla superficie del macrofago. Una volta fagocitato il promastigote si trasforma in amastigote. Quest'ultimi si dividono per scissione binaria all'interno del vacuolo parassitoforo finchè non raggiungono un numero tale da portare a rottura il macrofago, liberandoli nel circolo sanguigno.

Trichomonadidae: Flagellati Intestinali e delle Vie Genitali

I trichomonadidi sono flagellati a forma di pera caratterizzati dall'estremità anteriore arrotondata e da quella posteriore appuntita. Presentano un singolo nucleo posto in posizione anteriore, un blefaroplasto posto ancor più anteriormente da cui si dipartono da 3 a 5 flagelliliberi anteriori ed uno ripiegato posteriormente, delimitante una membrana ondulante e che si continua spesso con una porzione libera. Tipica di questi protozoi è un bastoncino , o asse, che attraversa tutta la cellula trasversalmente per poi sporgere nella parte posteriore del corpo ed è nota come assostile. Tuti i membri si moltiplicano per scissione binaria longitudinale.


Trichomonas vaginalis

E' un flagellato comune e cosmopolita, molto diffuso, proprio della specie umana. Si trasmette per contatto venereo localizzandosi in vagina o nella prostata ove provoca flogosi, più evidenti nella femmina. Da questo protozoo deriva il nome del genere, coniato da Donnè, che evidenziò per primo questo protozoo nelle secrezioni vaginali di una donna infetta (Donnè, 1836).

Genere : Tritrichomonas

Vi appartengono specie con 3 flagelli liberi anteriori. L'unica specie patogena è il T. foetus. Gli ospiti di predilizione sono i bovini. Nel toro i protozoi vivono nella cavità prepuziale e più raramente nei testicoli, epididimo, vescicole seminalei; nella vacca nella vagina e nell'utero.
Presentano un ruolo importante in quanto possono arrecare dei danni negli allevamenti. in quanto causa no aborti precoci al 2°-3° mese di gravidanza. La malattia è nota come trichomoniasi o aborto precoce.

Trypanosoma

Il genere Trypanosoma comprende diverse specie localizzate principalmente nel continente africano. Tre di queste specie sono patogene per l'uomo e sono il Trypanosoma brucei gambiensis, il Trypanosoma brucei rhodensiens che sono gli agenti eziologici della Malattia del Sonno e il Trypanosoma cruzi che è l'agente eziologico della Malattia di Chagas.
Trypanosoma nel sangue.
Essendo protozoi parassiti usano degli ospiti, per compiere il loro ciclo vitale. Nel genere trypanosoma gli ospiti sono due uno  vertebrato ed uno invertebrato, quest'ultimo funge da agente vettore.
Al microscopio i tripanosomi appaiono con un corpo fusiforme appuntito nella parte anteriore con citoplasma granuloso in cui si possono vedere due masse cromatiche: il nucleo, in genere in posizione centrale e di dimensione maggiore, e il cinetoplasto che è posto all'estremità posteriore del corpo (nell'immagine qui a fianco i due organelli appaiono colorati in scuro). Dal cinetoplasto si diparte un flagello che corre lungo tutto il corpo.
Questa è la forma tipica dei Tripanosomi quando sono circolanti nel sangue. Ma quando si insinuano dentro gli organi possono assumere anche altre forme che sono tipiche delle Leishmanie.
Il ciclo vitale si compie in due ospiti uno vertebrato e l'altro invertebrato. Nell'ospite vertebrato vivono nel sangue nella loro forma tipica.e dove si moltiplicano per scissione binaria longitudinale.
Gli insetti ematofagi, gli ospiti invertebrati dei tripanosomi, si infettano ingerendo il sangue di mammiferi parassitati. Questi parassiti compiono sicuramente un ciclo, all'interno dell'ospite invertebrato, come dimostra il fatto che l'invertebrato che ha succhiato sangue infetto non è subito infettante, ma solo dopo un certo numero di giorni. I tripanosomi dopo aver invaso l'apparato digestivo dell'ospite invertebrato prendono spesso forma di leptomas.
Nell'insetto i Tripanosomi seguono due modi differenti di sviluppo:
a) il primo (noto come "anterior station development" è tipico di T. brucei gambiensis e T. brucei rhodosiense. Esso si verifica quando il tripanosoma ingeriti da una glossina (mosca tse-tse) si moltipilica nell'intestino medio, raggiungono poi il proventricolo e di qui si accumulano nelle parti della bocca o nelle ghiandole salivari dell'insetto. Solo in questo momento i tripanosomi sono infettanti per i Mammiferi.
b) il secondo modo (noto come " posterior station development" si verifica quando i Tripanosomi ingeriti col sangue dagli ematofagi si moltiplicano nell'intestino, ma daui si spostano posteriormente nell'ampolla rettale, ove continuano a svilupparsi diventando infettanti per i Mammiferi. A questo punto l'insetto succhiando il sangue di un mammifero contamina la ferita con le proprie feci e da qui i tripanosomi penetrano nel nuovo ospite. Appartengono a questo gruppo il T. cruzi, il T. theileri e il T. rangeli.

Trypanosoma equiperdum

é l'unico tripanosoma presente in Europa (regioni meridionali, Italia compresa). Gli ospiti vertebrati di questo protozoo sono il cavallo e l'asino. I parassiti si localizzano inizialmente negli organi genitali esterni.
La trasmissione avviene principalmente per contatto diretto attraverso il coito. Eccezionalmente il contagio può avvenire tramite pungitori od il latte materno. Dal modo di trasmissione deriva anche il suo nome di morbo coitale maligno, o malattia venerea del cavallo.
La mortalità è elevata dal 50 al 70 %. La moltiplicazione avviene inizialmente negli organi genitali e successivamente nel sangue. Il parassita produce delle tossine endotelio- e neurotossiche.

Trypanosoma Brucei gambiensis e T. brucei rhodosense

Questi due tripanosomi, responsabili della Malattia del Sonno africano, sono indistinguibili morfologicamente sia nell'uomo che nell'insetto. Differiscono tra loro solo per la diversa distribuzione geografica, per le specie di glossine (mosca tze-tze) che li trasmettono e per i sintomi che causano nell'uomo. Tutto ciò fa pensare che i due tripanosomi non siano in realtà due specie distinte ma due razze biologiche che si sono differenziate da un'unica specie.
Il Tripanosoma Brucei gambiensis si ritrova nell'Angola centrale, nel Congo, in Kenya e nell'Uganda. Il suo vettore è la Glossina palpalis.
Il ciclo inizia con il morso di una mosca tze-tze infetta che punge un uomo sano. Per il Trypanosoma rhodesiense questa operazione viene compiuta dalla Glossina morsitans.
Questi insetti insieme alla loro saliva inoculano anche numerosissimi Tripanosomi nella forma di tripomastigote.
I tripanosomi nella fase iniziale si trovano attivamente nel sangue. Questo periodo viene detto ematico, caratterizzato da accessi febbrili preceduti da brividi e intervallati da alcuni giorni di apiressia (cioè mancanza di febbre). L'accesso febbrile è dovuto alla lisi contemporanea (crisi tripanolitica) di nuemrosi protozoi dovuta all'azione degli anticorpi.
Alla fase ematica segue la segue una seconda fase caratterizzata dall'invasione dei gangli linfatici.Se l'infezione è massiva si osserva all'invasione del liquido cefalo-rachidiano con conseguenti lesioni delle meningi encefaliche, creando i tipici sintomi nervosi della malattia del sonno (parestesia, apatia, astenia muscolare, cefalea, sonnolenza e coma terminale.
La malattia ha andamento cronico della durata di qualche anno e in assenza di terapia termina con la morte.
Quando l'infezione coinvolge il circolo sanguigno i tripanosomi si ritrovano nel flusso sanguigno, così se una mosca punge il malato, questa insieme al sangue assume anche i Tripanosomi sotto forma di tripomastigote i quali si insediano nelle ghiandole salivari dell'insetto ematofago.
Da qui migrano alle cellule della parete dello stomaco. E' in questa sede che il tripanosoma si trasforma in epimastigote per fuoriuscita del flagello a metà del corpo del protozoo. L'epimastigote si riproduce per scissione binaria più volte, in seguito questi si portano alla faringe e da qui alle ghiandole salivari dove riassumono la forma di tripomastigote. Da qui questi parassiti verrano trasmessi all'uomo.
La diagnosi può essere fatta osservando strisci di sangue dove si vede che queste forme stanno sempre all'esterno dei globuli rossi; sono quindi esocellulari.
Il Trypanosoma Brucei rhodensiense è diffuso in un area più ristretta (Uganda, Tanganica, Mozambico, Rhodesia) e il suo vettore è la Glossina morsitans che preferisce ambienti più secchi.Si è isolato questo tripanosoma anche in antilopi ed altri animali selvatici che insieme all'uomo rappresenterebbero un importante bacino di infezione.
L'infezione da T. rhodensiense ha generalmente un andamento più acuto rispetto a quella causata dal gambiensis, tanto che molto spesso la morte sopraggiunge per setticemia già nel primo periodo ematico senza che la sintomatologia nervosa abbia il tempo di manifestarsi.

Trypanooma cruzi

Il trypanosoma cruzi determina la malattia di Chagas, diffusa in tutta l'America del Sud e nella California. Questa malattia colpisce soprattutto i bambini. Questo tripanosoma compie parte dle suo ciclo vitale in alcuni insetti del genere Triatoma e Rodnius specialmente nella Triatoma infestans che è una cimice (un emittero ematofago). In questi insetti i tripanosomi evolvono nell'intestino medio sottoforma di leishmanie e crithidia, solo in un secondo tempo compaiono nell'0intestino posteriore grandi quantità di tripanosomi che vengono emessi con le feci e che sono capaci di attraversare i tegumenti con ferite e le mucose con cui vengono a contatto.
La cimice si porta sull'uomo durante la notte per succhiargli il sangue, questa però defeca anche in prossimità della puntura , la quale è pruriginosa. Quindi l'uomo si grata e le feci entrano nella ferita da puntura. Il morfotipo trasmesso è tripomastigote che infetta prima le cellule del reticolo endoteliale (cute) dove diventa amastigote. Qui si riproduce per scissione binaria, poi diventano esocellulari e si trasformano in tripomastigoteportandosi attraverso il sangue alle fibre muscolari striate e del cuore diventando endocellulari amastigote, al cui interno si moltiplicano moltissimo formando i cosiddetti nidi cioè ammassi di amastigote che sono lesivi per i muscoli e il cuore. Alla fine la cellula scoppia liberando forme epimastigote che anzichè invadere le cellule muscolari invadono il circolo sanguigno e si mutano in tripomastigote. Giungono così tramite il sangue periferico sottocute e le cimici sane pungono l'uomo infetto assumendo oltre al sangue anche il Trypanosoma.

mercoledì 13 aprile 2011

Kinetoplastida

Bodo saltans, un kinetoplastida a vita libera.
I protozoi appartenenti a questo ordine sono tutti quanti parassiti. Vengono così chiamati perchè presentano all'interno della loro cellula il Cinetoplasto che è una massa di DNA situata in un mitocondrio allungato vicino al blefaroblasto (da blefaros = palpebra), cioè quella parte del flagello infissa nel citoplasma.
Questa struttura è importante per la divisione cellulare e per la classificazione dei morfotipi che si basano sulla zona d'uscita del flagello che è legata alla posizione del cinetoplasto.
Esistono 4 diversi morfotipi:
1) Amastigote: con corpo rotondenggiante dotato di un nucleo e di un cinetoplasto senza flagello esterno (tipico del Tripanosoma e della Leshmania).
Trypanosoma
2) Promastigote: corpo allungato. Il flagello si origina vicino ad un cinetoplasto posto davanti al nucleo ed emerge all'estremità anteriore (forma tipica delle Leshmanie).
3) Epimastigote: hanno entrambe il corpo allungato. Solo che il flagello origina accanto ad un cinetoplasto paranucleare.
4) Tripomastigote. Origina accanto ad un cinetoplasto posteriore al nucleo. Sia in tripanosoma che in leshmania il flagello emerge a lato del corpo formando una membrana ondulante, tipico del tripanosoma.

Zoomastigophora o Zooflagellati

Questa classe di protozoi flagellati comprende pochissime forme libere in quanto la maggior parte si tratta di forme parassitarie soprattutto dell'apparato digerente e del sangue di invertebrati e vertebrati. Alcune specie determinano malattie letali.
La classe si divide in 4 Ordini:

- Choanoflagellida
- Kinetoplastida (tutti protozoi parassiti: es. Trypanosoma)
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-

Protozoi

Descrivere i Protozoi risulta essere un impresa abbastanza difficile in quanto le forme assunte da questo gruppo sono così diverse e varie. Ma si può dire con certezza che tutti gli animali il cui corpo è formato da un'unica cellula eucariotica possono venir classificati come Protozoi. 
Questo dell'unicellularità è, infatti, l'unico fattore che accomuna tutti i Protozoi, poichè, per il resto, la cellula che costituisce il corpo di un Paramecio e quella di un'ameba sono così diverse che a stento si riconosce in quest'ultimo un organizzazione cellulare.
Dunque, i protozoi sono organismi costituiti da un'unica cellula che da sola svolge tutte le funzioni che nei metazoi sono svolte da più cellule. 
Si conoscono Protozoi la cui cellula è caratterizzata da uno o due o moltissimi flagelli con i quali si muovono (Flagellati), altri come i Rizopodi ne sono completamente privi e si spostano nell'acqua o in ambienti acquitrinosi modificando continuamente la loro forma (un esempio è l'ameba).
Altri protozoi, invece, hanno la membrana plasmatica completamente ricoperta da ordinate file di cilia (Ciliofori o Ciliati).
Molti Protozoi non hanno una forma definita, altri sono sferici con una simmetria raggiata, altri ancora possono assumere una gran varietà di forme grazie alla presenza di un esoscheletro di varia natura.
In questi organismi unicellulari la riproduzione segue le stesse modalità della riproduzione cellulare: attraverso una divisione mitotica si genererà partendo dalla cellula madre protozoaria due cellule figlie e così via. Il genitore scompare pur senza morire.
Esistono però anche fenomeni di sessualità, con accoppiamento e fusione di nuclei da parte di due individui, seguiti da processi meiotici che ristabiliscono l'aploidia e dando luogo a cellule che si riprodurranno molte e molte volte per semplice mitosi.
I protozoi si ritrovano sempre in un ambiente acquatico, siano piccole esse le acque dolci di stagni o  pozzanghere piovane o le acque marine degli immensi oceani. I protozoi riescono a crescere anche nel sottile strato d'acqua che si incemera tra le fessure del terreno e dei minerali.
Altri protozoi si sono adattati a vivere nei liquidi interni corporei (sangue, liquidi interstiziali tra le cellule, e lo stesso citoplasma cellulare) di piante ed animali.
Anche per quanto riguarda le dimensioni dei Protozoi si osserva una grandissima variabilità. Esse variano dai 3 micron del Plasmodium della malaria, visibile solo con un buon microscopio, ai 3 mm di alcuni ciliati marini, visibili anche ad occhio nudo.
Nel passato geologico della Terra i Protozoi hanno raggiunto dimensioni colossali con i Nummuliti dell'Era Secondaria che possedevano dei gusci grandi fino a qualche cm.






martedì 12 aprile 2011

La Penicillina inibisce la sintesi del Peptidoglicano

Nella lotta per la competizione per il cibo e la conquista di una nicchia ecologica a livello microscopico la battaglia è intensa e senza esclusione di colpi. Le armi chimiche sono usate ampiamente. Ed è quello che succede tra batteri e muffe. I batteri entrano spesso in competizione per il cibo con le muffe e così le muffe sintetizzano molecole che ne inibiscono la crescita. Questo fine meccanismo di lotta chimica venne scoperto casualmente dal medico inglese Alexander Flemning nel 1929 quando una sua coltura di batteri venne accidentalmente contaminata da una muffa che in seguito si riuscì ad identificare nel Penicillium notatum. Questa muffa era capace di produrre una sostanza chiamata penicillina che inibisce la crescita dei batteri.
La penicillina è formata da un anello tiazolidinico fuso con un anello B-lattamico, al quale è legato per mezzo di un legame peptidico un gruppo R che varia da un tipo all'altro di Penicillina.
Nella penicillina G o Benzilpenicillina è un gruppo benzilico.
L'anello B-lattamico della penicillina conferisce a tutta quanta la molecola una grande instabilità. Ed è proprio anello B-lattamico il bersaglio dell'arma di difesa dei batteri nella lotta per la competizione. Infatti, essi sono capaci di sintetizzare un enzima capace di rompere questo anello. Questi enzimi sono le b-lattamasi, che conferiscono alle cellule batteriche resistenza nei confronti delle penicilline e di tutti gli antibiotici dotati d'anello B-lattamico.
Nel 1957 Ledeberg riuscì a capire quale fosse il bersaglio delle penicilline usando dei batteri fatti crescere in un medium ipertonico. Gli organismi ottenuti in questo modo, che prendono il nome di protoplasti, sono privi di parete cellulare e di conseguenza si lisano se la concentrazione salina del medium varia ad una concentrazione normale. Ma così fatti crescere su di essi le penicilline non avevano effetto. Era, quindi, evidente che la penicillina interagiva con la sintesi della parete cellulare dei batteri. In seguito si scoprì che la pencillina blocca l'ultima fase della Biosintesi della parete cellulare batterica, cioè la reazione che forma i legami trasversali.
Ora, si sa che la Penicillina inibisce la transpeptidazione che lega fra loro le catene di Peptidoglicano.
In condizioni normali la Transpeptidasi forma un intermedio acilico (R-CO) con il penultimo residuo di D-Alanina del peptide. Questo composto intermedio acile-enzima reagisce quindi con il gruppo aminico della gliciina terminale di un altro peptide.
E' probabile che la penicillina inibisca la transpeptidasi formando un legame covalente con un residuo amminoacidico del sito attivo dell'enzima. In effetti, la penicillina forma un intermedio acile-enzima. Questo legame penicillinoilenzima è irreversibile, in quanto non può essere deacilato.
La penicillina agisce in modo altamente specifico a causa della sua stretta somiglianza strutturale con il terminale D-Ala D-Ala, delle catene nascenti di peptidoglicano.
La bassa tossicità della Penicillina, che è essenziale per la sua efficacia terapeutica, è una conseguenza della sua altissima specificità. Non si conosce infatti nessun enzima umano che riconosca la D-Ala D-Ala, e così la Penicillina non interferisce con i meccanismi enzimatici del corpo umano.

La Parete Cellulare e il Peptidoglicano nei Batteri

Come in tutte le cellule anche in quelle batteriche le concentrazioni dei sali all'interno del citoplasma creano una pressione osmotica elevata (in E. coli può raggiungere anche le 20 atmosfere) che deve essere contrastata meccanicamente con una struttura rigida che ha il compito di mantenere la continuità della cellula. Questa struttura è la parete cellulare che ha anche, tra le altre, la funzione di protezione e di conferimento della forma e della rigidità cellulare.
Le pareti cellulari batteriche hanno un importantissimo ruolo dal punto di vista medico, in quanto su di esse si trovano associati i diversi sierogruppi e sierotipi che sono in gran parte la causa della virulenza dei Batteri. Infatti, è possibile riprodurre i sintomi di molte malattie iniettando pareti batteriche isolate in animali da laboratorio. Inoltre, gli antigeni specifici dei batteri sono localizzati sulle superfici della cellula.
Visto l'importantissimo ruolo che le pareti cellulari svolgono nei batteri è possibile ucciderli impedendo loro di sintetizzare questa importantissima struttura. Ed è in questo modo che agiscono la Penicillina ed altri antibiotici.
Lo strato responsabile della rigidità della cellula, prende il nome di Peptidoglicano (o Mureina). Si tratta di una molecola costituita da unità peptidiche e da zuccheri; da qui deriva anche il suo nome.
La struttura del peptidoglicano nei Gram positivi e nei Gram negativi è molto simile. la molecola di peptidoglicano è formato da tre unità ripetute: un dissacaride formato da N-acetilglucosamina (NAG) e Acido N-Acetilmuramico (NAM) uniti insieme da un legame B-1,4-glicosidico ed infine una piccola coda tetrapeptidica formata da L-Alanina, Acido D-glutammico, L-Lisina (od in alternativa si può trovare l'acido diaminopimelico) e da D-Alanina; ed infine da un pentapeptide formato da cinque unità dell'amminoacido glicina, che ha la funzione di ponte.
Il tetrapeptide si distingue per due caratteristiche interessanti. La prima è la presenza di amminoacidi in configurazione D, che non si riscontra mai nelle proteine degli eucarioti , in quanto in quest'ultimi gli amminoacidi sono sempre in configurazione L. Inoltre, il residuo di D -glutaminico forma un legame peptidico con il suo gruppo carbossilico della catena laterale in posizione gamma.
I legami glicosidici che legano tra loro gli zuccheri nelle catene glicaniche sono molto forti, ma non sono sufficienti a conferire la rigidità tipica della cellula batterica in tutte le direzioni. Tale robustezza, propria della struttura peptidoglicanica, la si ottiene solo quando le catene vengono unite tra loro dagli amminoacidi attraverso legami crociati. Come si può vedere nell'immagine seguente.



Caratteristiche del Peptidoglicano.

All'interno del peptidoglicano esistono diverse caratteristiche di rilievo che rendono questa grossa molecola interessante. Innanzitutto l'acido N-acetilmuramico e l'acido diamino pimelico (DAP) sono assenti nella parete degli eucarioti. Il DAP, presente in tutti i Batteri Gram (-) ed in alcune specie di Gram (+), può venir sostituito nella gran parte dei cocchi Gram + dalla lisina ed in qualche altro Gram + vi possono essere anche altri amminoacidi.
L'altra caratteristica, di cui abbiamo già parlato, è la presenza dei due amminoacidi in configurazione D. I D amminoacidi derivano dai loro isomeri L ad opera dell'azione di un enzima racemasi che usa come cofattore il Piridossalfosfato (PLP), che è la forma attiva della vitamina B6.
Questi enzimi batterici, come l'alanina -racemasi, rappresentano il principale bersaglio di antibatterici. Uno di questi è la 3-fluoroalanina. Un altro farmaco è la cicloserina, che è un antibiotico ad ampio spettro e cosa più interessante un antitubercolare di seconda scelta.
Si conoscono almeno un centinaio di forme di peptidoglicano e la regione più variabile è proprio il ponte peptidico.

I Procarioti o Monera

I Procarioti o Monera

Gli esseri viventi che abitano la Terra si suddividono in organismi superiori e in microrganismi.
La microbiologia è quella scienza che studia i microrganismi cioè tutti quegli organismi unicellulari.
I diversi microrganismi vengono suddivisi in base all'organizzazione cellulare.
Da una parte abbiamo i microrganismi eucarioti (Alghe, Protozoi e miceti microscopici) caratterizzati da una struttura cellulare eucariota, ossia un nucleo evidente ed organizzato e con un architettura cellulare identica a quella degli organismi pluricellulari.
Dall'altra abbiamo i microrganismi procarioti ossia con un nucleo primitivo.
Tutti gli esseri viventi procarioti vengono riuniti nel regno dei Procarioti o Monera, accomunati dalla mancanza di un nucleo vero e proprio, delimitato da una membrana nucleare.
Tutti i microrganimsi eucarioti vengono riuniti nel regno dei Protisti, accomunati dall'esistenza isolata.