Molti dei metodi di diagnosi richiedono che si coltivi il patogeno e che poi si analizzi lo spettro delle proprietà fisiologiche che ne consentano l'identificazione. I saggi di questo tipo sono molto efficienti però risultano spesso essere costosi e lenti. Così quando è possibile si preferisce utilizzare i procedimenti diagnostici di tipo immunologico che risultano essere sensibili, specifici e semplici.
Vi sono tuttavia, come in tutte le metodiche, alcuni limiti. Se il bersaglio è una proteina, l'impiego degli anticorpi esige che siano espressi i geni che esprimono la proteina-bersaglio e che il bersaglio non sia mascherato o bloccato in alcun modo in modo tale che il legame dell'anticorpo non sia ostacolato.
Un'altra limitazione che deriva dall'uso dei saggi immunologici è che essi non distinguono tra infezioni attuali o pregresse, in quanto mirano solamente a rivelare gli anticorpi del patogeno nel sangue degli individui colpiti.
A parte questo i saggi immunologici come quelli ELISA sono ampiamente utilizzati per la loro facilità d'utilizzo e rapidità d'uso.
Saggio E.L.I.S.A ( Enzyme-Linked Immunoabsorbent Assay)
Il saggio dell'immunoadsorbente legato all'enzima è un saggio che viene usato per stabilire se nel campione è presente l'antigene (saggio diretto) o l' anticorpo specifico contro un antigene (saggio indiretto).
Nel metodo diretto o a Sandwich si ricerca la presenza dell'antigene nel campione biologico. Il metodo può venir schematizzato idealmente in tre fasi:
1) Si fissa sul substrato, che può essere il PVC o nitrato di cellulosa della multiwell a 96 pozzetti per i campioni, un anticorpo monoclonale specifico per l'antigene che vogliamo ricercare.
2) A questo punto si inserisce, in forma sierica, il campione biologico del quale vogliamo verificare la presenza o meno dell'antigene.
Dopo una o due ore se l'anticorpo ha trovato il suo epitopo specifico lo lega a se formando il complesso anticorpo-antigene. Ora si può lavare il tutto abbondantemente per rimuovere l'antigene non legato.
3) Quindi ora nei nostri pozzetti abbiamo il complesso antigene-anticorpo che però risulta invisibile ad occhio nudo o all'uso dello spettrofotometro. Fatto questo il passaggio successivo da fare è quello di renderli visibili. Questo lo si ottiene aggiungendo un anticorpo monoclonale marcato (o anticorpo secondario) che si fissa in modo specifico al sistema primo anticorpo monoclonale- antigene. Il marcatore è molto spesso la perossidasi di rafano, ma vengono anche usate la fosfatasi alcalina e l'ureasi. Ora si procede con il lavaggio che porta via gli anticorpi marcati non legati.
Nei nostri pozzetti, ora, aggiungiamo un substrato incolore che viri di colore per opera dell'enzima marcatore. Questo ci permette di vedere il nostro complesso ad occhio nudo oppure al microscopio ottico o con lo spettrofotometro.
E' logico che se il primo anticorpo non ha legato l'antigene quest'ultimo sarà stato eliminato con il primo lavaggio. Di conseguenza il secondo anticorpo coniugato con l'enzima non avrà nulla su cui legarsi e verrà eliminato con il secondo lavaggio, con il risultato che una volta aggiunto anche il substrato incolore, la miscela rimarra incolore.
Metodo Indiretto
Nel metodo indiretto si valuta la presenza dell'anticorpo contro un antigene all'interno del siero del nostro campione. Anche questo metodo può venir schematizzato in tre fasi.
1) Si procede con il fissare il campione sul PVC o su nitrato di cellulosa.
2) Si inserisce, poi, la soluzione di anticorpi monoclonali noti per reagire contro il campione contenente l'antigene da identificare. Si lava abbondantemente per eliminare gli anticorpi non legati.
3) Anche nella terza fase del metodo, come nel metodo diretto, si inserisce un anticorpo marcato con un enzima (perossidasi, ureasi o fosfatasi alcalina).
Ora possiamo aggiungere il liquido incolore che per opera dell'enzima virerà di colore. Se il complesso non si è formato, per mancanza del legame tra antigene e anticorpo, allora i pozzetti rimarranno incolori.
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