I protozoi Fossili (Regnum Protozoa - Radiolari e Foraminifera)

I Protozoi


Vi è una categoria di fossili ben poco nota al pubblico: si tratta dei fossili microscopici, difficilmente visibili ad occhio nudo ( a parte alcune eccezioni), difficili da raccogliere, ma molto abbondanti nelle rocce di tutte le ere geologiche.
Questi fossili di dimensioni minuscole necessitano di metodi di ricerca, di raccolta, di preparazione e di studio differenti da quelli in uso per le altre categorie di fossili. Di loro si occupa quindi un ramo particolare della paleontologia, la micropaleontologia.
Secondo la definizione data risulta chiaro che la micropaleontologia studia organismi molto diversi fra loro: nelle rocce sedimentarie sono infatti presenti  piccole alghe, spore vegetali, minuscoli crostacei, resti microscopici di organismi grandi e complessi, quali le spicole delle spugne, le scleriti delle oloturie, i frammenti dei briozoi, le mascelline degli anellini e, naturalmente i protozoi, e cioè gli animali unicellulari.
La micropaleontologia abbraccia dunque un campo vastissimo, reso ancor più complicato dalle tecniche di cui si avvale dalla natura della roccia o dall’organismo che essa contiene.
I protozoi si rinvengono in tutti i tipi di rocce sedimentarie e sono diffusi in tutto il mondo.
Il metodo usato per la raccolta dei protozoi fossili varia a seconda che si sia in presenza di rocce incoerenti, quali sabbie o argille, di rocce poco coerenti, quali le marne o i calcari marnosi friabili, o di rocce coerenti e molto dure, come i calcari, le dolomie e le arenarie. Nel primo caso per estrarre dal campione i microfossili in esso contenuti è sufficiente un semplice lavaggio in un setaccio, sotto un getto d’acqua. Questo disgrega la roccia, lasciando un residuo dal quale, una volta asciugato, si estraggono con lunghi aghi i fossili, che possono così venir agevolmente osservati al microscopio. Le rocce poco coerenti devono venir disgregate prima del lavaggio, mediante frantumazione ed ebollizione in acqua ossigenata. Ad operazione compiuta, si lavano come nel caso precedente. Attraverso le due tecniche descritte si ottengono, alla fine del processo, microfossili completamente liberati dalla matrice che li inglobava ed è quindi possibile, dopo averli inseriti in speciali contenitori, studiarli al microscopio nella loro totalità.
Nel caso infine di una roccia coerente, dalla quale non è possibile effettuare alcuna disgregazione, il metodo di studio e di ricerca dei microfossili è molto diverso. Si preparano infatti sezioni di rocce estremamente sottili che applicate a un vetrino per microscopio, possono essere osservate per trasparenza. In questo caso però il microfossili non è completamente isolato dalla roccia, ma risulta sezionato. Per studiare il microfossili nel suo complesso è quindi necessario effettuare dello stesso pezzo, o di esemplari uguali, numerose sezioni, su piani differenti, solo così si giungerà a una ricostruzione della forma esterna e della struttura interna del guscio del piccolo animale.
I protozoi sono animali acquatici, diffusi nei mari e nelle acque dolci ove spesso vivono liberi, talora fissi al fondo, talaltra come parassiti, isolati o riuniti in colonie. Il loro corpo è costituito da una sola cellula, capace di assolvere a tutte le funzioni della vita, dalla riproduzione al movimento, dalla nutrizione alla difesa. Per la loro semplicità rappresentano il gradino più baso della scala evolutiva del regno animale, quelli che per primi popolarono le acque della Terra.
La semplice struttura dei protozoi formati da protoplasma facilmente deperibile, non ha certo permesso una buona fossilizzazione di questi organismi, la maggior parte dei quali viene distrutta prima di poter giungere alla fossilizzazione. Fra i protozoi conosciamo allo stato fossile solo quei tipi che, provvisti di guscio mineralizzato solido posto a difesa della cellula, hanno potuto conservarsi almeno parzialmente. Fra questi i radiolari a guscio siliceo, i foraminiferi a guscio chitinoso, calcareo o arenaceo e i tintinnidi a guscio calcareo.



I Radiolari


I radiolari sono protozoi che vivono oggi in abbondanza, come in passato, in ambiente marino pelagico.
Sono costituiti da una cellula racchiusa in un guscio siliceo di forma sferica, ovoide o lenticolare, fittamente perforato, sul quale sono inserite spine e lunghi aculei. L’importanza di questi organismi, noti fino dal Cambriano, periodo lontano da noi circa 570 milioni di anni, risiede soprattutto nell’aver formato, nel corso delle ere geologiche, ammassi di rocce stratificate silicee (le radiolariti) originatesi dal consolidamento dei “fanghi a radiolari”. Questi si formano ancora oggi a grande profondità sui fondali dell’Oceano Pacifico per accumulo di gusci di radiolari. Radiolariti del periodo Giurassico di un bel colore rosso, verde e giallo affiorano nelle Prealpi Lombarde e nell’Appannino; in esse non è raro poter osservare distintamente in sezione sottile al microscopio i resti di radiolari.

I Foraminiferi


I foraminiferi (ordine di Protozoi Sarcodini), certamente i più comuni fra tutti i protozoi fossili, sono di struttura semplicissima. Consistono infatti di una cellula con uno o più nuclei, da cui si dipartono sottili ramificazioni, chiamate pseudopodi. Tale cellula è racchiusa in un guscio di forma molto varia, e può avere a volte una struttura molto complessa. Il guscio dei foraminiferi può essere chitinoso, calcareo o agglutinato, quando è costituito da particelle estranee cementate fra loro; può essere imperforato, quando possiede una sola grande apertura, o infine perforato, quando, oltre a questa apertura, tutta la superficie è coperta da sottili fori da cui escono gli pseudopodi della cellula.
La forma del guscio si presenta estremamente variabile: vi sono tipi, chiamati foraminiferi monotalmici, nei quali esso è composto da una sola camera di forma globulare, lenticolare, allungata, stellata o spiralata, e tipi chiamati foraminiferi politalmici, nei quali il guscio è formato da numerose camere disposte in serie singola, doppi o tripla, avvolte a spirale o addirittura concentriche.
I foraminiferi sono organismi adattati a vari ambienti marini, dal pelagico al litorale; una sola famiglia, le Allogromidae, sconosciuta allo stato fossile, perché sprovvista di guscio o con guscio chitinoso mal conservabile, vive nelle acque dolci.
L’importanza dei foraminiferi in paleontologia si basa su due punti principali. Innanzitutto una buona parte di essi è estremamente sensibile alle condizioni ambientali: in particolare alla salinità, alla temperatura, alla profondità e al tipo di fondale. Ciò fa sì che ciascuna specie sia legata ad un particolare ambiente. Si comprende allora quali utili indicazioni ci possano fornire questi fossili, dopo un confronto con le specie viventi, sull’ambiente di formazione della roccia in cui si trovano inglobati.
Il secondo fattore che rende estremamente importante lo studio di questo gruppo animale è la presenza, durante tutto l’arco delle ere geologiche dal Cambriano a oggi, di numerosissime specie diverse, ciascuna caratteristica di una data frazione temporale. Queste specie vengono utilizzate quali fossili guida per la datazione relativa dei terreni in cui si rinvengono.
Tralasciando le numerose famiglie che comprendono per lo più organismi di dimensioni variabili da 0,001 a 1 mm, consideriamo però qui solo i rappresentanti di gruppi caratterizzati dalle grandi dimensioni che, veri e propri giganti, potevano raggiunger diametri di diversi centimetri e di vengono così, alla stregua dei macrofossili, di facile rinvenimento. Questi sono noti con il nome di macroforaminiferi.
Fra questi le fusuline sono le più antiche. Esse apparvero infatti durante il Carbonifero, si svilupparono nel Permiano ei estinsero alla fine di questo periodo, dopo essere vissute per circa 115 milioni di anni. Le fusuline sono, fra tutti i foraminiferi paleozoici, quelli che presentano le maggiori dimensioni e la maggiore complessità del guscio. Questo, imperforato, a forma di fuso più o meno allungato, è costituito da una muraglia esterna che si avvolge attorno all’asse maggiore e si inflette ad intervalli regolari, formando all’interno un gran numero di camere allungate; ogni inflessione corrisponde sulla superficie esterna ad un solco longitudinale ben visibile.
Le fusuline si rinvengono soprattutto in rocce calcaree, ove sono spesso associate ad alghe, e sono ritenute di mare caldo poco profondo con acque limpide. Numerosi esemplari sono presenti in Italia nei terreni del Carbonifero superiore delle Alpi Carniche e nei grandi massi di calcare bianco permiano di origine marina del Valle del Sosio presso Palermo.

Tra i generi viventi: Globigerina, Rotalia, Textularia; tra i fossili le grandi Nummuliti.

Figura 1 Foraminifero sezionato in un calcare carbonifero. Si noti la complessa struttura del guscio

Ben più note e diffuse sono le nummuliti. I rappresentanti di questa famiglia sono gli unici foraminiferi a essere in assurti agli onori della storia. Si racconta infatti che gli antichi sacerdoti egizi avendo rinvenuto questi piccoli gusci lenticolari in grande abbondanza presso le piramidi di Giza, fossero convinti di essere in presenza di lenticchie pietrificate, resti dei pasti degli schiavi addetti alla costruzione. Le piramidi infatti sono costruite con blocchi di calcare Eocenico ricco di fossili. A questi fossili, caratterizzati da un guscio di forma lenticolare, i latini diedero il nome di nummulites, che significa “piccole monete”.
Le nummuliti costituiscono un gruppo ricco di specie, vissute in grande abbondanza durante il Paleocene e l’eocene, fra 65 e 40 milioni di anni fa. Il guscio, che negli esemplari di maggiori dimensioni raggiunge alcuni centimetri di diametro, è composto da una muraglia esterna, formata da due strati calcarei, che si avvolge a spirale attorno a un asse, aumentando progressivamente di dimensione. All’interno il guscio è diviso in numerose camere, formate da ritmiche inflessioni dello strato inferiore della muraglia, formata da ritmiche inflessioni dello strato inferiore della muraglia, comunicanti fra loro tramite una piccola apertura. Le nummuliti erano animali bentonici e vivevano probabilmente fra i 50 e i 150 metri di profondità, su fondi marini calcarei o sabbiosi.
Le nummuliti si rinvengono un po’ dappertutto, ove affiorano i sedimenti del Terziario inferiore tanto da diventare i fossili guida di questo periodo.

I tintinnidi, infine, sono piccolissimi protozoi dotati di un guscio calcareo, chiamato lorica, a forma di coppa dotata, verso l’apertura, di un collare. Essi si rinvengono soprattutto nelle rocce del Giurassico superiore (Titanico) di cui costituiscono i fossili guida.

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