di Nannai
Venir affascinati da un rettile non è da tutti e in genere questi animali non sono i miei preferiti. Anche se devo confessare che la loro natura ancestrale e le loro forme non riescono a non destare in me interesse. La classe dei rettili è una delle più antiche dal punto di vista evolutivo ed è sopravissuta con quattro ordini: Crocodilia, Squamata, Testudines e Rhynochocephalia (o Sphenodontia). A quest'ultimo ordine appartengono solo due specie sopravvissute entrambe del genere tuatara. Il genere tuatara si può osservare solo in alcune piccole isole rocciose al largo della Nuova Zelanda. In passato il suo areale comprendeva anche la grande isola neozelandese, ma l'arrivo delle navi occidentali con il loro carico di animali domestici e da fattoria e nonchè degli immancabili clandestini delle stive, cioè i ratti, ne hanno limitato la presenza alle sole isole più remote. Le due specie viventi di tuatara, cioè lo Sphenodon punctatus e lo Sphenodon guntheri, sono i membri restanti di un gruppo di rettili che abitavano la Terra molto prima dei dinosauri, nel Triassico 220 - 200 milioni di anni fa. E questa è solo una delle caratteristiche che lo rendono così interessante.
La loro capacità adattativa ai mutamenti climatici dovuti agli spostamenti delle placche tettoniche, che portò a separare la Nuova Zelanda dall'antico continente di Gondwana, ha permesso loro di sopravvivere fino ai giorni nostri acquisendo per diritto, secondo i biologi evoluzionistici, il titolo di "fossile vivente".
Plesiosaurus goldfussi |
Altri membri degli Sphenodonti di dimensioni ben maggiori come il plesosauro non sono riusciti a superare i cambiamenti climatici avvenuti nel tempo. Invece, il nostro rettile avvantaggiandosi della capacità di rallentare il suo metabolismo, è riuscito a resistere con maggiore facilità ai climi freddi che hanno interessato il suo habitat permettendogli di superare degnamente queste difficoltà e di giungere fino a noi.
Diverse caratteristiche anatomiche e fisiologiche tradiscono la sua ancestralità. Quella che si nota subito osservando un esemplare in natura è la sua andatura che ricorda molto la camminata da anfibio piuttosto che quella da rettile. Anche il cuore e il cervello sono più simili a quelli di un anfibio.
Molto primitiva è anche la struttura del cranio e quindi non sorprende che i denti piuttosto che essere formati da radici, da un corpo e ricoperti con lo smalto siano solo dei mozziconi derivati da propaggini delle ossa mascellari. I denti si consumano completamente con l'invecchiamento. Negli esemplari adulti, che possono arrivare a vivere fino a 120 anni, questi si consumano fino alla mascella.
Ma arriviamo ora alla caratteristica più affascinante di questo antico animale, che si trova alloggiata nella parte dorsale del cranio: il terzo occhio o come preferiscono chiamarlo i biologi evoluzionisti l'occhio parietale. Il tuatara testimonia che in quel periodo dell'evoluzione dei vertebrati si è avuto lo sviluppo di un invaginazione aggiuntiva nel diencefalo, una primitiva regione del proencefalo. Sempre nel diencefalo si originano le tazze ottiche che daranno origine ai bulbi oculari che sono destinati a diventare nei vertebrati gli organi della visione. L'occhio parietale nel tuatara è ben sviluppato tanto che vi si osserva anche un cristallino e una retina. Ben visibile negli individui giovani, il terzo occhio a partire dai sei mesi d'età incomincia a venir coperto da squame e pigmenti.
Questo fatto ha spinto alcuni scienziati a suggerire che il terzo occhio del tuatara si sviluppi solo parzialmente in un organo della visione e che abbia una limitata funzione. Questo incompleto sviluppo deriverebbe, secondo questi studiosi, dalla mancanza di ricezione dei necessari segnali di crescita richiesti per completare la sua morfogenesi in un organo pienamente funzionale. Sembra che l'occhio parietale raggiunse il più grande stadio di evoluzione durante il periodo Giurassico tra i membri dell'Ordine Rhynochocephalia e che non riuscì ad evolvere ulteriormente, regredendo in un organo vestigiale, o in una struttura quasi vestigiale nei mammiferi, conosciuta come ghiandola pineale. A mio modesto parere questa conclusione lascia un pò a desiderare. E' evidente che quest'organo nasce come un organo sensorio. Naturalmente avere un organo di senso che svolge le stesse funzioni svolte dagli occhi risulta essere ridondante e porta a un gran dispendio energetico. Anche dal punto di vista biochimico e fisiologico mantenere un organo che non ha funzione è per l'organismo molto dispendioso. In realtà risulta essere attivo e funzionante in quanto sensibile alla luce visibile e non solo. A conferma di questo alcune osservazioni condotte su degli esemplari di tuatara hanno messo in evidenza che la vista del tuatara è ben sviluppata. E si è visto che possiede una migliore vista notturna, che per un animale con abitudini di caccia notturne, è molto importante. Queste osservazioni hanno spinto questi studiosi a studiare la sensibilità di questo rettile agli infrarossi (IR). Sembrerebbe che proprio quella struttura che per altri è solo un organo vestigiale possa avere una sensibilità ai raggi infrarossi e che sia utile all'animale per l'orientamento notturno.
Bibliografia
0cchio parietale in un giovane esmplare di tuatara |
Questo fatto ha spinto alcuni scienziati a suggerire che il terzo occhio del tuatara si sviluppi solo parzialmente in un organo della visione e che abbia una limitata funzione. Questo incompleto sviluppo deriverebbe, secondo questi studiosi, dalla mancanza di ricezione dei necessari segnali di crescita richiesti per completare la sua morfogenesi in un organo pienamente funzionale. Sembra che l'occhio parietale raggiunse il più grande stadio di evoluzione durante il periodo Giurassico tra i membri dell'Ordine Rhynochocephalia e che non riuscì ad evolvere ulteriormente, regredendo in un organo vestigiale, o in una struttura quasi vestigiale nei mammiferi, conosciuta come ghiandola pineale. A mio modesto parere questa conclusione lascia un pò a desiderare. E' evidente che quest'organo nasce come un organo sensorio. Naturalmente avere un organo di senso che svolge le stesse funzioni svolte dagli occhi risulta essere ridondante e porta a un gran dispendio energetico. Anche dal punto di vista biochimico e fisiologico mantenere un organo che non ha funzione è per l'organismo molto dispendioso. In realtà risulta essere attivo e funzionante in quanto sensibile alla luce visibile e non solo. A conferma di questo alcune osservazioni condotte su degli esemplari di tuatara hanno messo in evidenza che la vista del tuatara è ben sviluppata. E si è visto che possiede una migliore vista notturna, che per un animale con abitudini di caccia notturne, è molto importante. Queste osservazioni hanno spinto questi studiosi a studiare la sensibilità di questo rettile agli infrarossi (IR). Sembrerebbe che proprio quella struttura che per altri è solo un organo vestigiale possa avere una sensibilità ai raggi infrarossi e che sia utile all'animale per l'orientamento notturno.
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